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politica

Abbandono scolastico, disoccupazione e povertà. I casi di Milano e Novara

Prima di tutto la buona notizia: dal 2008, quando era al 20%, l’abbandono scolastico in Italia si è ridotto nel 2017 al 14%. Centrando così l’obiettivo europeo di scendere sotto al 16% entro il 2020. Questo a livello generale: nel dettaglio, si va da un 4,8% in provincia di La Spezia a un 27,1% in quella di Caltanissetta. Non solo e il punto è proprio questo: quando a questi dati si affiancano quelli sul reddito pro capite e sulla disoccupazione giovanile emergono le correlazioni. Nel senso che abbandono scolastico sopra la media, disoccupazione giovanile alta e reddito medio pro capite basso sono tre fenomeni che tendono ad accompagnarsi

 

Quanto segue si basa su un lavoro realizzato da Openpolis a partire da dati Istat. Questo osservatorio della politica italiana calcola l’abbandono scolastico come la percentuale di italiani tra i 18 ed i 24 anni che, nel 2017, erano in possesso della sola licenzia media. Un dato che viene censito dall’istituto nazionale di statistica e nel quale rientrano anche coloro che hanno scelto di seguire un corso di formazione professionale. In questa mappa viene illustrata la situazione a livello territoriale:

 

 

I territori colorati di arancione sono quelli nei quali la percentuale di giovani senza diploma è superiore alla media nazionale del 14%, quelli in azzurro presentano invece un’incidenza minore. Il filtro in alto a sinistra consente di visualizzare i dati di una singola regione.

 

Tendenzialmente sono il Sud e le isole a presentare dei tassi di abbandono scolastico superiori alla media nazionale, mentre le regioni del centro e del Nord hanno tassi inferiori. Non mancano però le eccezioni, sia in un senso che nell’altro. Ad Avellino, ad esempio, l’abbandono scolastico è del 7,5%. Mentre a Imperia si spinge fino al 22,2%.

 

Definito il quadro, è possibile iniziare ad incrociare i numeri di coloro che lasciano la scuola con altri due indicatori. Il primo riguarda il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni riferito al 2017 e proveniente da Istat.  Vale la pena segnalare che questo dato fa riferimento solamente ai giovani che sono attivi nella ricerca di un’occupazione. Detto brutalmente: chi si concentra esclusivamente sullo studio non rientra in questa rilevazione. Il secondo indicatore preso in considerazione fa invece riferimento al reddito Irpef pro capite a disposizione sul sito del ministero dell’Economia. In questo caso il dato fa riferimento all’intera popolazione e riguarda le dichiarazioni relative ai redditi 2016, le più recenti a disposizione. Se si incrociano questi tre dati, il risultato è questo:

 

 

Il lettore non guardi tanto alla posizione dei punti. È abbastanza pacifico che esista una correlazione negativa tra disoccupazione e reddito pro capite. Ciò che conta sono i colori e le dimensioni dei punti, che sono tanto più grandi ed arancioni quanto è più alto l’abbandono scolastico. E, più quest’ultimo è basso, più diventano piccoli e azzurri.

 

Il fatto è che la percentuale di giovani tra i 18 ed i 24 anni senza diploma correla, ovvero è più alta, con i territori in cui la disoccupazione giovanile è più alta e dove il reddito medio pro capite è più basso. Ci sono, anche in questo caso, delle eccezioni. Come Oristano, dove l’abbandono scolastico è all’8,7% con una disoccupazione giovanile al 53,6% ed un reddito pro capite che si aggira intorno ai 15.600 euro l’anno. O Novara, dove i senza diploma sono il 17,6%, mentre il reddito pro capite supera i 22mila euro e la quota di giovani senza lavora si “ferma” poco oltre il 34%.

 

Ma la tendenza generale appare abbastanza definita. Ovviamente, non c’è nessun rapporto di causa-effetto. Non si tratta, in buona sostanza, di un argomento in favore di quello che una volta veniva definito “pezzo di carta”. Non sarà però casuale se la provincia con il reddito pro capite più alto (Milano) e quella con il tasso di disoccupazione giovanile più basso (Venezia) siano entrambe realtà in cui il tasso di abbandono scolastico, rispettivamente al 10,6 e al 5,2%, è decisamente inferiore rispetto alla media nazionale.