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finanza

Le startup “game changer” del 2018. E le exit degli ultimi 20 anni

«Molte delle innovazioni che hanno cambiato il nostro quotidiano all’inizio sembravano follie». L’inventore del primo internet browser Marc Andreessen lo ripete spesso, soprattutto oggi che di mestiere finanzia attraverso il suo fondo le startup più innovative del mondo. Fu lui a coniare la categoria “game changer” ovvero quelle aziende capaci di cambiare le regole del gioco di un’industria, di un settore, capaci insomma di creare una nuova economia. Come è stato iPhone per il mercato delle app, o Tesla per l’automotive. Cb Insight, uno degli osservatori più attenti al mercato delle startup innovative, ha appena pubblicato Game Changing Startups 2018, con una lista di trenta “giocatori” che promettono di diventare famose.
I settori da cui provengono hanno confini ancora non definiti. Neurotechnology, Regenerative Medicine, Synthetic Animal Products, Synthetic Agriculture, AI Chips, Massive Simulations, Intelligent Public Safety, Autonomous Construction, Rocket Launchers ed Extreme Logistics. Dentro queste “scatole” ci sono nuove promesse innescate dalle più avanzate innovazioni ma anche la convergenza di tecnologie mature pronte a generare prodotti e servizi per il mercato. C’è anche un po’ di marketing e qualche attesa di business fuori tempo massimo di scoperte datate. Come nel caso della medicina rigenerativa che ormai da alcuni anni vorrebbe passare alla produzione industriale attraverso le stampanti 3D di organi e tessuti biologici. O quell’insieme di tecnologie per monitorare le onde celebrali che potrebbero essere utilizzate per intervenire su alcune patologie neurologiche. Per capirci meglio: i dispositivi per leggere a basso prezzo alcune attività del cervello ci sono manca però ancora una validazione scientifica per le terapie. Neuropace, per esempio, ha realizzato un impianto chiamato Rns che rileva i pattern celebrali che anticipano i fenomeni epilettici. In dieci anni hanno raccolto la bellezza di 164 milioni di dollari. Ma resta ancora una promessa milionaria. Va detto che queste aziende sono “geneticamente” diverse dalle altre. Guardano a business che si poggiano su pochi numeri certi, su mercati che ancora non esistono e offrono soluzioni che spesso precorrono i tempi. Come nel caso di Menphis Meat. Sono tra i primi a sperimentare la carne sintetica attraverso la coltura di cellule staminali. L’adozione di questa tecnologia su larga scala avrebbe un impatto straordinario anche sulle emissioni di CO2, oltre a rappresentare una alternativa ai costosissimi produttori di carne animale.
La produzione di cibo è in qualche modo al centro anche delle nuove tecniche di agricolutura sintentica. Indigo Agriculture sta sviluppando soluzioni di microoorganismi in grado di potenziare e proteggere le coltivazioni. Le ricadute si possono misurare dagli investimenti raccolti in soli tre anni: 319 milioni di dollari.
Potrebbero valere oro anche le startup che lavorano sui chip legati all’intelligenza artificiale. Se è vero che quella dell’Ia è la frontiera che l’anno scorso ha generato più entusiamo e raccolto più capitali da parte dei venture capital, i piccoli che studiano il machine learning e l’hardware delle reti neurali dovranno scontrarsi con la ricerca e sviluppo dei colossi dell’elettronica di consumo che non intendono dare spazio a nuovi giocatori. Su questa frontiera dell’automazione dei processi si aprono nuove praterie come quella dell’edilizia e delle costruzioni (macchine che compiono operazioni (ripetitive) in autonomia). Un esempio? Built Robotics utilizza alcune tecnologie della guida assistita per lavorare in cantiere.
Viste dall’alto queste innovazioni sono evoluzioni dell’intelligenza artificiale, della medicina personalizzata e della corsa allo Spazio low cost e quindi di business che in parte abbiamo conosciuto quest’anno. Misurarli non è semplice. Sappiamo che il venture capital quest’anno ha investito nelle startup 40 miliardi di dollari nel terzo trimestre. Oltre 100 miliardi da inizio anno. Sappiamo che l’Europa cresce più degli Stati Uniti e le startup euroopee quest’anno hanno raccolto la cifra record di 19 miliardi di euro. E che nel 2017 la protagonista è stata l’intelligenza artificiale, non solo a livello mediatico. Quello che non sappiamo o che i numeri non riescono a descrivere sono le vere innovazioni del 2018. Le innovazioni vere, quelle che creano i mercati, non sono ma previste dai numeri.