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economia

(In)Giustizia sociale tra generazioni: Italia penultima nell'Unione europea

“L’Italia è penultima nell’Unione europea in termini di giustizia sociale tra generazioni. A parte le scarse prospettive per i giovani nel mercato del lavoro, l’Italia è il paese più vecchio dal punto di vista demografico ed è uno dei più indebitati (132,6% del Pil). Il peso fiscale per chi oggi è giovane e per le future generazioni è quindi immenso. Allo stesso tempo, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono rimasti troppo bassi (1,3% del Pil). Il Governo Renzi non ha potuto fare molti progressi da questo punto di vista, dato il difficile contesto di bilancio. Le risorse per Ricerca&Sviluppo non sono aumentate, ma sono state introdotte alcune nuove misure per incentivare le start-up. Anche nell’attuale situazione finanziaria, alcuni investimenti restano vitali per la futura crescita economica”. Non lascia dubbi il rapporto sull’indice di giustizia sociale 2016 della fondazione tedesca Bertlesmann che colloca l’Italia al 24mo posto sui 28 paesi dell’Unione Europea.
L’indice si basa su sei indicatori, uno dei quali è la giustizia intergenerazionale. Gli altri sono prevenzione della povertà, diritto allo studio, accesso al mercato del lavoro, coesione sociale e non discriminazione, sanità.
La posizione migliore è quella sull’accesso al mercato del lavoro, in cui l’Italia si colloca comunque al 23esimo posto. “Con il rapporto di dipendenza degli anziani più alto della Ue – si legge nel rapporto – l’Italia avrebbe urgente bisogno di un mercato del lavoro efficiente con alto tasso di occupazione. Invece il basso punteggio (4,83)  sull’accesso al mercato del lavoro è emblematico della scarsa performance di tutti gli indicatori che lo compongono”. Danimarca, Svezia e Regno Unito, con punteggi superiori al 7, sono i paesi che hanno i risultati migliori su questo aspetto.

 
“Senza una rapida attivazione del mercato del lavoro – scrivono i ricercatori della fondazione tedesca – molti giovani italiani sono a rischio di essere tagliati fuori dalla possibilità di avere un’occupazione stabile e l’Italia dovrà farsi carico di ricadute sociali a lungo termine”. Lo studio riconosce tuttavia come “le recenti riforme vadano nella giusta direzione”. Il riferimento è al Jobs Act approvato nel 2014 che “affronta in modo risoluto questa sfida. Con alcune limitate ma immediate misure che rendono più facile le assunzioni dei giovani – affermano i ricercatori – il governo Renzi ha avviato una revisione sistematica del diritto del lavoro che punta ad incoraggiare le imprese ad applicare contratti di lavoro più flessibili ma  nello stesso tempo più stabili”. I numeri del 2015 dimostrano che i nuovi contratti, con cui è anche più semplice per le imprese licenziare i nuovi assunti, sono “un significativo successo” dal punto di vista occupazionale, anche con la trasformazione di contratti precari in rapporti a lungo termine. Le riforme  del governo Renzi “cominciano ad avere un impatto positivo”.
In generale, dal rapporto emerge che dopo aver toccato il punto più basso tra il 2012 e il 2014, molto lentamente le cose in Europa stanno cominciando a migliorare. Il paese “più giusto” da punto di vista sociale è la Svezia con tutti gli indicatori compresi tra 7 e 8, seguita da Finlandia, Danimarca e Repubblica Ceca. Peggio dell’Italia si piazzano la Spagna (ma solo per due decimali), la Bulgaria, la Romania e la Grecia. Dal 2008 a oggi, sono impressionanti i progressi compiuti da alcuni paesi dell’Europa centro-orientale, in particolare la Polonia e dalla Repubblica Ceca. Per l’Italia, dopo anni di caduta, dal 2014 è in corso una ripresa dell’indice di giustizia sociale.

 
Il Paese delle imprese