Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
cronaca

Due utenti internet su tre censurati. Sotto attacco social, Telegram e Whatsapp

Meno libertà su internet nel mondo, con due terzi degli utenti della Rete che vivono in Paesi dove vigono forme di censura, anche online. Autorità e governi spostano il tiro: sotto la lente di ingrandimento non ci sono più solo siti e blog, ma soprattutto social network e applicazioni tipo WhatsApp e Telegram. A scattare la fotografia della libertà online è il rapporto annuale di Freedom House che assegna la maglia nera alla Cina, seguita da Siria e Iran. Lo studio copre 65 Paesi (tra i quali non c’è la Corea del Nord), pari all’88% della popolazione globale online, per il periodo giugno 2015-maggio 2016. E certifica che per il sesto anno consecutivo la libertà online è diminuita. Al top, tra i Paesi “liberi”, ci sono Estonia, Islanda, Canada, Usa e Germania. L’Italia, con un punteggio di 25 su 100, si piazza bene all’undicesimo posto: sono segnalati sporadici casi di minacce o intimidazioni rivolte a giornalisti online e blogger, in particolare su casi che riguardano la criminalità organizzata. Agli ultimi posti – oltre a Cina, Siria e Iran – si piazzano Etiopia, Uzbekistan, Cuba, Vietnam e Arabia Saudita. Hanno perso posizioni Brasile (da “libero” a “parzialmente libero”) e Turchia (ora tra i Paesi “non liberi”).
Infografica interattiva e grafici a cura di Freedom House.


 
Il rapporto sottolinea l’attenzione in aumento dei governi nei confronti delle app di messaggistica come WhatsApp e Telegram, in particolare durante proteste o manifestazioni anti governative. L’app che ha registrato più restrizioni è WhatsApp: 12 Paesi su 65 ne hanno bloccato del tutto il servizio o solo alcune funzioni. Gli utenti dei social network sono stati invece sottoposti a sanzioni senza precedenti: nell’ultimo anno in 38 Paesi le autorità hanno effettuato arresti sulla base di contenuti pubblicati sui social. Oltre un quarto degli internauti (27%) vive in Paesi in cui persone sono state arrestate per aver pubblicato, condiviso o solo mostrato interesse (con un “Mi piace”) per contenuti su Facebook. Il numero di Paesi in cui si sono verificati arresti simili sono aumentati di oltre il 50% dal 2013.
Dall’altro lato internet si conferma anche uno strumento essenziale di attivismo online, per la promozione di diritti umani e trasparenza. Come il caso degli attivisti in Nigeria che hanno contrastato un disegno di legge che limitava i social media o quello di un gruppo WhatsApp che in Siria ha salvato vite umane con gli avvertimenti di raid imminenti. Quanto allo spaccato italiano, Freedom House cita tra i casi rilevanti dell’ultimo anno l’attacco hacker alla società milanese Hacking Team (luglio 2015), che ha portato alla luce un’ampia collaborazione con regimi autoritari. L’Italia viene anche citata come il primo Paese in Europa a dotarsi di una “Dichiarazione dei Diritti di Internet”, per l’istituzione dell’Internet Day il 30 aprile e per l’attivismo online del Movimento 5 Stelle. Rimozioni dalla rete si sono registrate solo per contenuti relativi a terrorismo, scommesse e per violazione di copyright (Ansa)