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politica

Cambiamento climatico, temperature e gas serra. Le causa e gli effetti

La temperatura del pianeta è in aumento. E nonostante i proclami e gli accordi internazionali, crescono anche le emissioni di gas serra che contribuiscono a farla salire. Anche se ancora c’è chi si ostina a voler negare il cambiamento climatico in atto, sono i numeri a dire che sulla Terra fa più caldo. Gli stessi che mostrano una crescita degli inquinanti immessi nell’atmosfera e, quasi paradossalmente, un ricorso alle fonti rinnovabili che arretra in percentuale rispetto all’uso dei più “tradizionali” combustibili fossili.  Di cambiamento climatico si discuterà a Padova agli Open Innovation Days di Nòva. Qui trovate tutte le informazioni. 

 
 
Per ricostruire la situazione relativa agli indicatori che mostrano l’andamento del clima, Infodata ha fatto affidamento ai dati raccolti dalla Banca Mondiale, ponendo a confronto le emissioni di gas serra, la percentuale di energia da fonti rinnovabili e l’andamento della temperatura media mensile dal 1901 al 2012. Il quadro che emerge dice che solamente in Europa si fanno dei passi avanti verso una riduzione delle emissioni e un incremento delle rinnovabili. Negli altri continenti, invece, si procede come se il cambiamento climatico fosse soltanto un’opinione.
 
Intanto, le emissioni. Non si tratta solamente di CO2, ma anche di diossido di azoto, metano,  esafluoruro di zolfo, idrofluorocarburi e perfluorocarburi. Tutte sostanze finite al centro del protocollo di Kyoto, con un impegno a ridurne la produzione da parte dei Paesi che hanno sottoscritto l’accordo. Ebbene, i dati della Banca Mondiale dicono che sono sostanzialmente solo quelli europei che stanno mantenendo l’impegno. A livello globale le emissioni di gas serra sono salite dai 37 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, l’unità di misura dell’inquinamento, ai 52 miliardi registrati nel 2012.
 
Ora, dietro a questo andamento non c’è solo il lassismo dei governi. L’aumento delle emissioni si spiega anche pensando allo sviluppo dei Paesi non industrializzati, che giocoforza fa salire l’inquinamento, e alla crescita della popolazione. Se nel 1990 gli abitanti del pianeta erano 5,3 miliardi, nel 2012 si è arrivati a 7,1. Ed è ovvio che se ci sono più persone crescano anche i consumi e, giocoforza, le emissioni. In questo senso è lampante l’esempio della Cina, insieme agli Stati Uniti una delle ultime nazioni a sottoscrivere gli accordi per il clima: le tonnellate equivalenti di CO2 immesse nell’aria sono triplicate nel giro di dieci anni, dal 2001 al 2012, gli stessi che hanno fatto esplodere il ruolo dell’economia cinese sullo scenario mondiale.
 
Se poi si confrontano gli aumenti delle emissioni con il ricorso all’energia green si arriva ad un paradosso. Nel senso che i bisogni dei due miliardi di individui in più che vivono sul pianeta non sono stati soddisfatti principalmente con le rinnovabili. Se infatti nel 1990 queste ultime rappresentavano il 39% dell’energia, nel 2012 questa quota è scesa in percentuale al 29,4. Lo si vede bene osservando la prima pagina dell’infografica, dedicata alle cause del cambiamento climatico. La linea rappresenta l’andamento delle emissioni e diventa più spessa e più scura tanto più alta è la percentuale di energia rinnovabile. E, contrariamente alle aspettative, più passano gli anni più la linea diventa chiara e sottile. Mentre la mappa mostra, anno per anno, le emissioni pro capite nei singoli Paesi.
 
Unica eccezione, va detto, è rappresentata dall’Europa. In trent’anni il Vecchio continente ha visto scendere da 7,2 a 5,8 i miliardi di gas serra emessi in atmosfera, mentre la percentuale di energia rinnovabile è salita dall’11,2 al 19,7%. Fino al 2006 l’Italia ha inciso negativamente su questa tendenza, nel senso che la quantità di CO2 equivalente è andata crescendo dai primi anni Novanta fino al 2006. A partire da quell’anno anche nel nostro Paese le emissioni hanno iniziato a scendere, con un deciso calo tra il 2008 ed il 2009. Un andamento sul quale ha molto probabilmente inciso anche la crisi economica scoppiata proprio in quel periodo. Negli stessi anni, altro aspetto positivo, è cominciata a salire la quota di energia “verde” che, pur rimanendo ferma al 12,4% nel 2012, è comunque più che raddoppiata.
 

 
 
La seconda pagina dell’infografica mostra invece l’effetto del cambiamento climatico. Ovvero l’aumento delle temperature medie mensili. Il dataset contiene, per ogni Paese preso in considerazione, i dati relativi ai dodici mesi dell’anno dal 1901 al 2012, reperiti sempre sul sito della Banca Mondiale. Il confronto viene effettuato prendendo in considerazione i valori di un singolo mese. La linea diventa più rossa e più spessa per indicare i valori più alti, più verde e più sottile per quelli più bassi. La linea nera che attraversa il grafico rappresenta invece la tendenza: per comprendere se le temperature medie siano in aumento o in diminuzione il raffronto va infatti effettuato sul lungo periodo.
 
E un raffronto di questo tipo ci permette di dire che in Italia fa più caldo oggi che all’inizio del secolo scorso. Nei primi anni del Novecento, la temperatura media del mese di gennaio era compresa tra i tre e i quattro gradi. Un secolo più tardi si oscilla tra i quattro e i cinque. Nel mese di maggio si è passati da 14 a 15 gradi, a settembre dai 17,5 ai 18,5. Numeri che mostrano come il fatto che non ci siano più le mezze stagioni non sia soltanto un refrain, ma una drammatica realtà.