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economia

Workers buyout, cinquanta imprese salvate negli ultimi cinque anni

 


Quasi 50 imprese salvate negli ultimi cinque anni, per 1200 posti di lavoro e 178 milioni di euro di giro d’affari rimasti sul mercato. Questi i numeri dei “workers buyout” (Wbo), fenomeno relativamente nuovo, importato dagli Stati Uniti, che si è affermato negli ultimi anni in risposta all’emergenza occupazionale.
Quali le caratteristiche? Sono in prevalenza casi di società di capitali in crisi che si trasformano in cooperative, grazie agli investimenti dei dipendenti che si cimentano nel ruolo di imprenditori. Un esempio di grande sacrificio da parte dei lavoratori che devolvono l’anticipo dell’indennità di mobilità e i propri risparmi nella causa del salvataggio dell’azienda. Inoltre, ricevono il supporto del Cfi, la società promossa per accompagnare i Wbo.
Il primo caso si ebbe con il crac della Richard Ginori. Successivamente la legge Marcora istituzionalizzò il fenomeno. Poi, una crescita costante fino a oggi: dal 2013 Cooperazione finanza impresa (Cfi) ha raddoppiato il numero di interventi e tra il 2007 e il 2014 è stato generato un ritorno per lo Stato pari a 6,8 volte il capitale impiegato (576 milioni a fronte di 84 milioni di finanziamenti).
La regione più reattiva è l’Emilia-Romagna, con 16 cooperative nate negli ultimi 5 anni, 386 posti di lavoro e 72 milioni di euro messi in salvo. Nel tentativo di cavalcare l’onda del successo è stato creato anche un portale web, per collegare i soggetti che cooperano alla realizzazione dei Wbo. Sul territorio nazionale anche altre realtà, come la Campagna (19,6 milioni di euro di fatturato), si stanno muovendo in questa direzione.
Questi dati sembrano darci ragione di un nuovo caso di sharing economy che potrebbe realmente rappresentare lo strumento per rispondere all’incertezza di questo periodo, anche a fronte di una previsione di 70-100 mila posti di lavoro a rischio in Italia nei prossimi quattro anni.

ARTICOLO A PAGINA 13 DEL SOLE24 ORE DEL 22 SETTEMBRE 2016