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scienze

Il telescopio spaziale Webb vede GRB 250314A la più antica esplosione di una stella

Settecentotrenta milioni di anni dopo il Big Bang una stella massiccia collassa e muore producendo un lampo di raggi gamma e una supernova. Oggi, quasi 13 miliardi di anni dopo, quella luce arriva sulla Terra e viene ricostruita passo dopo passo da una staffetta globale di telescopi spaziali e terrestri. È la storia di GRB 250314A, uno dei lampi gamma più distanti mai osservati, raccontata in due articoli gemelli pubblicati su Astronomy & Astrophysics Letters.

Il primo segnale arriva il 14 marzo 2025 dal satellite franco-cinese Svom, progettato per intercettare eventi rapidi e rari. In meno di due ore Swift della Nasa localizza la sorgente. Poche ore dopo il Nordic Optical Telescope alle Canarie osserva l’afterglow nell’infrarosso, mentre il Very Large Telescope dell’Eso misura lo spostamento verso il rosso: z circa 7,3. Tradotto in tempo cosmico significa che l’esplosione è avvenuta quando l’Universo aveva solo il 5 per cento dell’età attuale, nel pieno dell’era della reionizzazione, quando le prime stelle e galassie stavano modificando la materia intergalattica.

Curva di luce di GRB 250314A come previsto nelle bande F150W2 e F444W. Sono incluse le componenti di afterglow, SN e galassia ospite. Le aspettative per l’afterglow si basano sulle misurazioni J e H da Terra , estrapolate a F444W in base alla pendenza spettrale misurata. Le magnitudini della galassia ospite si basano analogamente sulla rilevazione di F150W2 (vedi testo) ed estrapolate a F444W in base allo spettro tipico della galassia a z  ∼ 7. Sono indicati anche i punti osservati, a dimostrazione della coerenza di luminosità tra le osservazioni e una SN simile a SN 1998bw (in questo caso scalata al 70% della luminosità di SN 1998bw).

A questo punto entra in scena il James Webb Space Telescope. Le osservazioni nel vicino infrarosso mostrano che il bagliore non è solo quello del lampo gamma ma include la firma diretta di una supernova, cioè la morte di una singola stella massiccia. È la supernova confermata più distante mai osservata. Andrew Levan, dell’Università di Warwick e della Radboud University, spiega che solo Webb aveva la sensibilità necessaria per dimostrare che quella luce proveniva davvero da una supernova e non da un effetto indiretto o da una galassia intera.

Colori di 93 LBG identificati nei campi profondi JADES, CEERS e PRIMER da JWST ( Merlin et al. 2024 ) confrontati con i colori di GRB 250314A. Sebbene una manciata di LBG mostri colori apparentemente rossi, questi non mostrano la stessa forma più blu in F150W-F200W e sono anzi dominati da un’emissione simile a una rottura di Balmer che aumenta prevalentemente oltre F277W. Tracciamo anche lo spettro NIRSPEC di LRD MoM-BH1 ( Naidu et al. 2025a ), che mostra una rottura di Balmer molto forte (probabilmente non stellare) e dimostra che, sebbene oggetti molto rossi possano essere trovati a z  ∼ 7, non spiegano la forma spettrale osservata in GRB 250314A. Infine, includiamo anche un adattamento al SED con CIGALE. Ciò fornisce una corrispondenza ragionevole con le osservazioni, sebbene richieda proprietà della galassia insolite sia tra la popolazione di galassie z  ∼ 7 che tra le galassie ospiti dei GRB, in particolare nel richiedere che la galassia sia dominata da un’antica popolazione stellare, con uno spostamento verso il rosso di formazione di z  ∼ 21.

Il dato forse più interessante emerge dal confronto con le supernove “moderne”. Nonostante le condizioni dell’Universo primordiale fossero molto diverse, con stelle povere di elementi pesanti, la curva di luce e le caratteristiche osservate risultano simili a quelle di supernove più vicine nel tempo e nello spazio. In altre parole, già 700 milioni di anni dopo il Big Bang le stelle massicce sembrano morire seguendo regole che riconosciamo anche oggi. Un po’ come scoprire che un motore costruito all’alba dell’industria funziona secondo principi non troppo lontani da quelli attuali.

Curve di luce sottratte dallo sfondo per ECLAIR nell’intervallo di energia 4–100 keV (pannello superiore) e per GRM nell’intervallo di energia 15–300 keV (pannello inferiore) utilizzando un intervallo di tempo di 1 s.

I due articoli scientifici che trovate qui e qui raccontano due facce della stessa scoperta. Uno è centrato sul lampo gamma e sul ruolo di Svom nel catturare e caratterizzare un evento così distante, mostrando come questi segnali possano essere usati come fari per studiare l’Universo giovane. L’altro dimostra che con Webb possiamo osservare direttamente le esplosioni stellari nell’epoca delle prime galassie. Insieme indicano una direzione chiara: i lampi gamma diventano strumenti per fare “archeologia stellare”, e ogni nuova rilevazione spinge un po’ più indietro il confine osservabile del cosmo.

Per approfondire.

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