Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
cronaca

Di carcere si muore, da entrambe le parti delle sbarre.

Di carcere si muore, da entrambe le parti delle sbarre. Il suicidio è un fenomeno che colpisce gravemente i detenuti, ma anche gli agenti di Polizia Penitenziaria si uccidono più della popolazione libera e viene naturale chiedersi se il sistema carcerario abbia un ruolo, sia per l’una che l’altra categoria, nella decisione di togliersi la vita.
Il contesto da cui partire è importante per comprendere l’influenza del carcere in un gesto così drammatico, quindi è doveroso tenere in considerazione i dati relativi alla popolazione libera, alla Polizia Penitenziaria e ai detenuti.

In Italia, la popolazione libera ha un tasso di suicidio pari allo 0.66 ‱, che equivale a dire un suicidio ogni circa 15.000 persone.” Nel 2024, secondo le stime di Antigone” gli agenti di Polizia Penitenziaria erano circa 31.000 e 7 di loro si sono tolti la vita. Considerando l’orizzonte temporale dal 1997 al 2018, ci sono stati, in media, 7 suicidi l’anno tra gli agenti di questa divisione. Il loro tasso di suicidio è di circa 2.25 ‱, ossia, ogni 10.000 agenti, ci sono tra i 2 e i 3 suicidi. Per assistere a un suicidio tra gli agenti della Polizia Penitenziaria non serve raggiungere le circa 15.000 unità, come visto nella popolazione libera, ma ne sono sufficienti meno di 4500.

All’interno delle carceri, il suicidio rimane la causa più frequente di morte tra i detenuti.
Dal 2002 a oggi, i suicidi costituiscono il 55% delle morti totali, mentre i deceduti per cause ancora da accertare ne rappresentano il 22%. L’overdose – causata da droghe, psicofarmaci, alcol o dal gas delle bombolette usato a scopo stupefacente – ha ucciso quasi due detenuti l’anno nell’arco di quasi 25 anni.
Le cause da accertare – anch’esse equivalenti a circa il 20% dei decessi totali – definiscono tutti quei casi in cui le notizie ufficiali non forniscono informazioni sufficienti a dichiarare il perché della morte; allo stesso tempo, comprendono quelle morti in cui le versioni ufficiali non sono chiare e sembrano celare casi di maltrattamenti e abusi da parte di agenti o altri detenuti.

Dal 2002 a oggi, il 2024 è l’anno che ha registrato il numero più elevato di suicidi tra detenuti: 92 individui hanno deciso di togliersi la vita all’interno delle mura degli istituti. Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio sostiene che non vi sia correlazione tra l’elevato numero di suicidi e il sovraffollamento carcerario, nonostante su 54 istituti in cui sono avvenuti suicidi, ben 51 avevano un tasso di affollamento superiore al 100%.

Nonostante la quasi totalità dei suicidi sia avvenuta in carceri sovraffollati, tale affermazione non è sufficiente a dimostrare un nesso causale diretto tra sovraffollamento e suicidi, visto che sono sono solamente circa 30 su 190 gli istituti che non versano in una situazione di congestione superiore al 100%.
Allo stesso tempo, il report del Garante, aggiornato al 20 dicembre 2024, evidenzia come sia “ipotizzabile che all’aumentare del sovraffollamento si possa associare un incremento […] di quegli eventi critici che, più di altri, sono espressione del disagio detentivo, quali atti di aggressione, autolesionismo, suicidi, tentativi di suicidio, omicidio, manifestazione di protesta collettiva, aggressioni fisiche al personale di Polizia Penitenziaria e al personale amministrativo”.

Il tasso di suicidio nella popolazione carceraria è pari al 10.6 ‱; quindi, ogni 10.000 detenuti, quasi 11 decidono di togliersi la vita all’interno di un istituto. Se nella popolazione libera si assiste a un suicidio ogni 15.000 abitanti circa, all’interno delle mura carcerarie se ne registra 1 quasi ogni 950 detenuti. Il 46% dei suicidi avvenuti riguarda qualcuno che si trovava in custodia cautelare, il 54% è avvenuto nei primi sei mesi di detenzione e l’80% avviene nelle sezioni a custodia chiusa, dove il regime a cui sono sottoposti i detenuti è più stringente e le libertà ancora più ridotte.

Il fenomeno interessa trasversalmente tutte le fasce di età: nel 2024, il più giovane aveva 20 anni e il più anziano 74. Sulle modalità del suicidio c’è poco da dire: la quasi totalità dei detenuti che decide di togliersi la vita, lo fa attraverso l’impiccamento, utilizzando corde rudimentali, lacci delle scarpe o gli stessi indumenti.
Il report registra anche 2035 tentati suicidi e 12.544 casi di autolesionismo, entrambi in aumento rispetto al 2023 e, sicuramente, entrambe indice di un degrado che segna il fallimento delle istituzioni.

I tassi di suicidio tra detenuti e agenti di Polizia Penitenziaria sono allarmanti: i detenuti si suicidano circa 18 volte più della popolazione libera, mentre gli agenti lo fanno con una frequenza 4 volte superiore rispetto alla media nazionale.
Ignorare il disagio profondo che attraversa le carceri significa alimentare un sistema che produce sofferenza e perpetua violenza. Riformare il sistema penitenziario non è più solo un’urgenza morale, ma un preciso dovere costituzionale: senza questo impegno, all’immagine di uno Stato civile che tutela i diritti anche di chi ha sbagliato si sostituirà quella di uno Stato criminogeno.

Per approfondire.

Carceri, il tasso di sovraffollamento medio sfiora il 135%

Il sovraffollamento delle carceri spiegato con tre grafici

Carceri un po’ meno affollate. I reati per cui si finisce di più in prigione

Carceri in Europa, ci sono celle sovraffollate per ben 8 Paesi dell’Ue

I dati del Ministero della Giustizia