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cronaca

Perché esiste un’obesità “sana”?

L’obesità e il sovrappeso sono noti fattori di rischio per una serie di malattie croniche, come quelle cardiovascolari e alcune forme tumorali. Tuttavia, non tutti gli individui con eccesso ponderale sviluppano problemi metabolici. Sebbene le persone obese siano più esposte al rischio di diabete, ipertensione e colesterolo alto, circa un quarto di esse non presenta malattie metaboliche evidenti. Perché?
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cell Metabolism da ricercatori di Zurigo e Lipsia ha raccolto per la prima volta dati importanti da campioni di tessuto adiposo, contribuendo a fare luce su questa questione, creando un atlante dettagliato delle cellule adipose, analizzando il tessuto sottocutaneo e viscerale di individui con obesità sana e non sana dal punto di vista metabolico.

Una Biobanca dell’Obesità

Il progetto si è basato su una biobanca unica, la Leipzig Obesity Biobank, che raccoglie campioni di tessuti adiposi da pazienti obesi sottoposti a interventi chirurgici elettivi e che avevano acconsentito alla raccolta di campioni per scopi di ricerca. I ricercatori hanno esaminato campioni di 77 volontari, focalizzandosi su due tipi di tessuti adiposi: sottocutaneo e viscerale. Il grasso viscerale, che circonda gli organi interni nell’addome, è stato individuato come il principale responsabile delle malattie metaboliche, mentre il grasso sottocutaneo, situato sotto la pelle, viene generalmente considerato meno problematico. Sappiamo che il grasso viscerale subisce significativi rimodellamenti in risposta alle malattie metaboliche, mentre la plasticità degli adipociti risulta fortemente legata alla salute metabolica. In particolare, le cellule che rivestono il grasso viscerale, sono emerse essere un elemento chiave nel malfunzionamento del tessuto adiposo viscerale e nello sviluppo delle malattie metaboliche.
Anche da questo studio è emerso che chi aveva un’obesità “non sana” presentava un marcato aumento della superficie di tessuto adiposo viscerale, mentre la quantità di tessuto adiposo sottocutaneo rimaneva paragonabile a chi aveva un’obesità “sana”.
Gli individui con obesità metabolica “sana” presentavano in generale un indice di massa corporea, una percentuale di massa grassa, un peso corporeo e una circonferenza vita simili a quelli con obesità metabolica “non sana”, ma si distinguevano per segni significativamente migliori di sensibilità all’insulina, omeostasi lipidica (alti tassi del cosiddetto “colesterolo buono”, l’HDL) e nel test della funzionalità epatica (valori ALAT e ASAT).

Il legame fra grasso e malattie metaboliche

Sappiamo che l’incidenza della sindrome metabolica segue spesso un andamento parallelo a quello dell’obesità e del diabete di tipo 2. La sua prevalenza aumenta con l’età ma non abbiamo numeri precisi, nemmeno per l’Italia. Le più recenti stime (2023) parlano di una prevalenza globale più elevata nei paesi più ricchi.
Lo sviluppo della sindrome metabolica dipende sia dalla distribuzione che dalla quantità di tessuto adiposo. Un eccesso di grasso a livello centrale, noto come conformazione a “mela”, in particolare quando si traduce in un alto rapporto vita-fianchi (indicativo di un basso rapporto tra muscolo e massa grassa), aumenta il rischio. Al contrario, la sindrome è meno comune tra coloro che presentano accumulo di grasso sottocutaneo nelle anche (conformazione a “pera”) e un rapporto vita-anca basso, che suggerisce una maggiore proporzione di muscolo rispetto alla massa grassa.

Sappiamo anche che l’eccesso di grasso addominale provoca un aumento degli acidi grassi liberi favorendo l’accumulo di lipidi nel fegato. Il grasso si accumula anche nelle cellule muscolari, portando allo sviluppo di insulino-resistenza e iperinsulinemia. Il metabolismo del glucosio risulta compromesso, mentre si manifestano dislipidemie e ipertensione. I livelli sierici di acido urico sono generalmente elevati, aumentando il rischio di gotta, e si sviluppa uno stato protrombotico.

Lo studio ha rivelato che il tessuto adiposo non è composto solo da adipociti (cellule di grasso), ma anche da altre cellule, tra cui cellule immunitarie, vascolari e staminali immature. Le analisi hanno mostrato che negli individui affetti da malattie metaboliche, gli adipociti non riescono più a bruciare i grassi in modo efficiente, ma producono invece maggiore quantità di molecole immunologiche, scatenando una risposta infiammatoria nel grasso viscerale. Secondo gli autori, questa risposta potrebbe contribuire allo sviluppo di malattie metaboliche. Sono state rilevate inoltre differenze tra uomini e donne: un tipo di cellula progenitrice è presente solo nel grasso viscerale delle donne, il che potrebbe spiegare le differenze nello sviluppo delle malattie metaboliche tra i sessi.
Un altro dato interessante riguarda le cellule mesoteliali, presenti solo nel grasso viscerale, che segnano il confine esterno di questo tipo di tessuto. Le analisi hanno mostrato che, nelle persone obese considerate “sane”, c’era una maggiore proporzione di queste cellule, con una maggiore flessibilità funzionale. In particolare, le cellule mesoteliali sembrano avere la capacità di trasformarsi in cellule staminali, un fenomeno generalmente associato ai tumori.

Dati liberi per sviluppare nuovi farmaci

Questi risultati offrono nuove prospettive per comprendere i meccanismi biologici alla base delle malattie metaboliche e potrebbero aprire la strada all’individuazione di marcatori cellulari in grado di prevedere il rischio di malattie metaboliche. Un aspetto particolarmente rilevante è che i dati raccolti sono stati resi disponibili pubblicamente tramite un’applicazione web, consentendo ad altri ricercatori di esplorarli. L’atlante potrebbe infatti aiutare a individuare nuovi biomarcatori per il rischio di malattie metaboliche, aprendo la strada a trattamenti più mirati. Tra questi, i ricercatori stanno studiando una nuova classe di farmaci che sopprimono l’appetito e favoriscono il rilascio di insulina. I biomarcatori derivati dai dati potrebbero inoltre aiutare a identificare i pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio da questi trattamenti.

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