Secondo uno studio pubblicato nel 2025 su PNAS, in media le famiglie americana sarebbero disposte a pagare 744 dollari l’anno per ottenere una riduzione del 20% del tasso statale di violenza da armi da fuoco — una misura tangibile del costo sociale e psicologico di un problema che rimane una delle più gravi emergenze di salute pubblica negli Stati Uniti. La disponibilità a pagare da parte delle famiglie cresceva con l’aumentare del reddito familiare, con la valutazione del rispondente sulla gravità della violenza armata nella propria comunità ed era maggiore più alta era la probabilità di diventarne vittima. Le politiche statali variano ampiamente, e laddove vi sono leggi più permissive sull’acquisto e il porto d’armi troviamo tassi di mortalità più elevati.
Proprio nel cuore degli Stati Uniti, a Washington, lo scorso marzo la rivista scientifica JAMA (che sta per Journal of the American Medical Association) ha organizzato un Summit con ha riunito sessanta esperti provenienti da medicina, sanità pubblica, criminologia, sociologia, ingegneria, diritto e politiche pubbliche con l’obiettivo di delineare una strategia condivisa per ridurre in modo sostanziale la violenza da armi da fuoco negli Stati Uniti in appena 15 anni, entro il 2040.
L’iniziativa, parte della missione di JAMA Network di promuovere soluzioni per le più urgenti questioni di salute pubblica, nasce da un dato drammatico: dall’inizio del XXI secolo oltre 800 mila persone sono morte e più di due milioni sono rimaste ferite a causa di armi da fuoco nel Paese.
A novembre JAMA ha pubblicato il report del Summit, con vari materiali accessibili online.
Quante persone muoiono per arma da fuoco negli Stati Uniti?
In 25 anni negli Stati Uniti si sono registrati oltre 800.000 decessi e più di 2 milioni di feriti causati da armi da fuoco. Oggi nel Paese circolano quasi 400 milioni di armi in mano ai civili. Solo nel 2023 ne sono state prodotte quasi 9 milioni, di cui il 95% destinato al mercato interno, mentre circa 6 milioni sono state importate. Nello stesso anno, il Federal Bureau of Investigation (FBI) ha riportato un picco record di 40 milioni di controlli dei precedenti penali legati a nuovi acquisti di armi, un indicatore indiretto del volume di transazioni.
Le armi da fuoco sono coinvolte in quasi l’80% degli omicidi e nel 55% dei suicidi registrati nel Paese. Il tasso di suicidio con arma da fuoco è aumentato in modo costante nel XXI secolo, raggiungendo nel 2023 il livello più alto mai registrato, con 7,63 decessi ogni 100.000 abitanti. L’aumento è stato particolarmente marcato tra gli adolescenti, così come tra le popolazioni afroamericane e ispaniche non ispaniche. Il gruppo con il tasso più elevato di suicidi resta quello dei maschi bianchi con più di 70 anni.
Sul fronte opposto, gli omicidi con arma da fuoco — dopo aver raggiunto un picco nel 2021 — sono diminuiti in modo drastico.
Ma le sparatorie non letali e gli usi delle armi in contesti di aggressioni e rapine sono molto più frequenti rispetto ai casi di omicidio o suicidio. Gli effetti delle armi non si limitano alle ferite fisiche: includono traumi psicologici profondi, che colpiscono chi assiste a una sparatoria scolastica o perde una persona cara. Nelle aree dove la violenza si concentra in modo non casuale, il senso di insicurezza cronica condiziona la vita quotidiana e ostacola l’accesso a risorse e opportunità.
Riscrivere la narrativa sulla prevenibilità dei danni da armi da fuoco
Gli autori lo scrivono nero su bianco: è necessario un cambiamento normativo nel modo in cui le persone comprendono, prevengono e rispondono alla crescente disponibilità di armi da fuoco, al porto di armi da fuoco in luoghi pubblici e ai danni da armi da fuoco.
Nonostante i tassi di omicidio siano in calo, la sensazione diffusa – scrivono gli autori del report – è che la criminalità stia aumentando. Questa distorsione influenza il dibattito sulla sicurezza e alimenta la convinzione che un maggior numero di armi in circolazione possa rendere il Paese più sicuro. Il report evidenzia un altro pericoloso fenomeno in crescita: l’aumento di adulti che iniziano a portare armi senza averlo fatto in adolescenza, una dinamica ancora poco studiata.
Centrali sono le Community Violence Interventions, approcci multidisciplinari che mirano a ridurre la violenza interpersonale agendo nei contesti comunitari più esposti. Si tratta di programmi fondati su principi di giustizia riparativa e consapevolezza del trauma, che coinvolgono direttamente le persone più a rischio e cercano di interrompere i cicli di violenza e ritorsione. In alcune città statunitensi queste iniziative hanno prodotto risultati significativi, ma la loro efficacia complessiva dipende da fattori come la continuità dei finanziamenti, la formazione del personale e la capacità di adattare gli interventi alle diverse realtà locali.
Più armi = più violenza
Un documento pubblicato nel 2023 mostra che le leggi che consentono ai cittadini di portare armi nascoste — i cosiddetti right-to-carry (RTC) — finiscono per aumentare la violenza invece di ridurla come spesso sostenuto dai loro promotori. Analizzando i dati di 217 città statunitensi tra il 1979 e il 2019, i ricercatori hanno scoperto che l’effetto delle leggi RTC si concentra soprattutto nei grandi centri urbani: nelle città con una popolazione media superiore ai 250.000 abitanti, l’introduzione del diritto di portare armi è associata a un incremento del 20% dei crimini violenti. Due i meccanismi principali individuati dagli autori per spiegare questo fenomeno. Da un lato, la diffusione di armi tra i cittadini comporta un aumento dei furti di pistole, cresciuti in media del 50% dopo l’introduzione delle leggi RTC, con un inevitabile effetto di alimentazione del mercato illegale e della circolazione di armi nelle mani di criminali. Dall’altro, la maggiore disponibilità di armi nella popolazione sembra rendere più difficile il lavoro della polizia, che registra una riduzione del 9% nei tassi di risoluzione dei reati violenti, probabilmente a causa della maggiore complessità delle indagini in contesti dove le armi sono più diffuse.
Trattare le armi come prodotti soggetti a standard di sicurezza
Un altro fronte di lavoro ha riguardato l’innovazione nelle politiche di controllo federale e statale. Gli esperti hanno proposto di trattare armi e munizioni come prodotti di consumo soggetti a standard di sicurezza e trasparenza, analogamente a quanto avviene per altri beni potenzialmente pericolosi.
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