A Sarah Constantin piace contare i colori utilizzati ogni anno nelle collezioni prêt-à-porter di Vogue Magazine. Lo scopriamo su Flowing Data Spoiler: tra i vincitori di quest’anno ci sono molte tonalità tenui, fredde e pallide, mentre tra i perdenti ci sono colori caldi e brillanti. Vediamo come ci è arrivata.
La rivista Vogue ospita generosamente numerose immagini gratuite di queste collezioni di moda; questa stagione ce n’erano oltre 13.000. Quest’anno Sarah ha effettuato sia conteggi manuali – quanti “look” un dato colore (come determinato soggettivamente da me) appariva, sia conteggi automatici , in cui è stato chiesto a un LLM (attualmente GPT-4o) di identificare tutti i colori dell’outfit in ogni immagine e ho aggregato i conteggi tra le immagini. Sto usando lo stesso codice e lo stesso prompt che ho usato negli ultimi anni per i conteggi automatici.
La sintesi dell’analisi è netta: la stagione SS26 si presenta come “piuttosto sommessa e cauta, con un’abbondanza di colori pallidi e tenui” . Questa non è un’interpretazione da stilista, ma una lettura statistica delle collezioni fotografate (spesso da fonti come Vogue Magazine), dove il colore è stato sistematicamente contato e catalogato. Il dato che emerge è la netta preponderanza di tonalità che potremmo definire “silenziosi” o “neutrali evoluti.”
Secondo Constantin è il giallo pastello a colore dominante per il 2026. Non un giallo squillante, acceso o energico, ma una sfumatura diluita, quasi un colore di fondo, che suggerisce più una ricerca di equilibrio che di rottura.
Questa scelta non è casuale. In un periodo di incertezza economica e geopolitica, si legge nel suo blog, i colori tendono a riflettere l’umore collettivo. I dati ci dicono che, di fronte alla complessità, il sistema moda – il cui obiettivo è vendere capi – ripiega su palette rassicuranti, meno polarizzanti e più versatili. Il giallo pastello, dunque, non è solo una tendenza estetica, ma un indicatore di basso rischio.
Il vero punto di forza di queste analisi risiede nella metodologia. Come nota l’autrice, la sfida non è limitarsi ai nomi comuni dei colori (“rosso”, “blu”), ma identificarne le esatte gradazioni. Per questo, si ricorre a sistemi come lo spazio colore oklab, che offre una percezione più uniforme delle differenze cromatiche rispetto ad altri standard.
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