Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
scienze

A un bambino su 4 viene dato lo smartphone prima dei 5 mesi

Il Sistema di Sorveglianza Bambini 0-2 anni, Epicentro (2025)
Il Sistema di Sorveglianza Bambini 0-2 anni, Epicentro (2025)

 

La televisione di sottofondo, il tablet che distrae, lo smartphone usato come calmante: sempre più spesso già i più piccoli si trovano immersi in un ambiente digitale. Nel 2025 l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un report interessante che riguarda i bambini fino ai 2 anni, ossia i famosi 1000 giorni di cui tanto si parla come periodo importante per lo sviluppo della persona. Questi primi 1000 giorni, dal concepimento ai due anni, sono una finestra critica per lo sviluppo cognitivo, emotivo e fisico.
L’indagine Epicentro dell’ISS, condotta tra giugno e ottobre 2022 su oltre 35 mila madri (non genitori, ma solo mamme), evidenzia che già tra i 2 e i 5 mesi, il 22% dei bambini trascorre parecchio tempo davanti a uno schermo. In Trentino la quota si ferma al 13,5%, mentre in Sicilia e Puglia sale oltre il 30%. Se per la maggior parte dei piccoli l’esposizione resta sotto l’ora quotidiana, in Calabria quasi uno su dieci tra i più piccoli trascorre 1-2 ore al giorno davanti a uno schermo.

Con l’età la tendenza si consolida. Tra gli 11 e i 15 mesi, in Calabria quasi il 40% dei bambini resta davanti a uno schermo per almeno due ore al giorno. In Toscana, a 12 mesi, più della metà (53%) è già esposta, un dato che rispecchia la media nazionale (54,3%). L’indagine mette in luce anche il peso dei fattori socioeconomici. L’esposizione agli schermi è più diffusa tra i figli di madri con un basso livello di istruzione, tra chi segnala difficoltà economiche e tra le straniere.

Questi dati sembrano cozzare con la crescente sensibilità sull’uso degli schermi – smartphone ma non solo – sin dalla tenera età, tanto da essere arrivati in questo anno scolastico a una scelta ministeriale tanto netta quanto discussa: l’obbligo di tenere gli smartphone spenti e non visibili per tutta la giornata scolastica, non solo durante le lezioni.

Perché evitare gli schermi?

Per il principio di precauzione. Quella di Valditara è una scelta politica, ma non scientifica, perché la scienza su questi temi sta producendo solo in questi anni le prime concrete e ampie evidenze del fatto che l’abuso di tempo davanti a uno schermo può costituire un grosso problema nell’età della crescita. Più che si/no, la ricerca ci dovrebbe aiutare a capire qual è la soglia da non superare. Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 2019 raccomandavano di evitare del tutto il tempo davanti agli schermi nei bambini di un anno. Per i bambini di due anni, invece, la soglia da non superare è un’ora al giorno.

Un esempio recente è questa ricerca apparsa su JAMA Pediatrics nel 2024, il quale ha indagato il legame tra l’esposizione precoce ai media digitali e l’elaborazione sensoriale nei primi anni di vita, rilevando un’associazione significativa tra la visione di televisione o video e profili sensoriali atipici nei domini della bassa registrazione, ricerca di sensazioni, sensibilità sensoriale ed evitamento sensoriale. L’analisi, che ha controllato per variabili perinatali e demografiche, ha mostrato differenze a seconda dell’età di esposizione, suggerendo che una maggiore esposizione precoce agli schermi possa essere collegata a schemi di elaborazione sensoriale atipici, in parte simili a quelli osservati nei disturbi dello spettro autistico. Servono ulteriori ricerche – scrivono gli esperti – per comprendere i meccanismi di questa associazione e valutare se ridurre l’uso degli schermi nei primi anni possa migliorare gli esiti sensoriali successivi.

L’elefante nella stanza

Dovremmo forse essere onesti e ammettere che abbiamo reagito troppo lentamente e che una generazione è rimasta stritolata. I ragazzi che oggi sono adolescenti, i nati intorno al 2010 hanno vissuto la crescita esponenziale della presenza dei social media e degli schermi nelle mani dei loro genitori, prima che questi ultimi, e l’opinione pubblica, e gli esperti e la politica, iniziassero a studiare il fenomeno e a stabilire delle soglie. Oggi potremmo iniziare a ragionare diversamente per la generazione Beta.

Il panorama però è tutt’altro che coeso. Oggi da un lato i sondaggi sull’introduzione di Valditara mostrano un ampio consenso tra famiglie e docenti, dall’altro studenti e associazioni denunciano un approccio punitivo che rischia di non fare i conti con la realtà digitale delle nuove generazioni.

Non dovremo inoltre cadere nell’errore di consideare la questione in bianco e nero: smartphone sì/smartphone no. L’elefante nella stanza è l’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, con esiti che in pochissimo tempo stanno producendo app come Cluely, che si presenta come “l’Intelligenza artificiale invisibile che pensa per te. Cluely è un’app desktop invisibile che ti fornisce le risposte per cui non hai studiato.”

Libri poco presenti nelle case

Quando i piccoli trascorrono momenti sedentari, l’OMS incoraggia piuttosto nei primi 1000 giorni attività come la lettura e il racconto di storie da parte di un adulto di riferimento: esperienze che stimolano il linguaggio, l’immaginazione e soprattutto il legame affettivo.
Accanto agli schermi, Epicentro ha indagato infatti la prevalenza della lettura precoce, ma il quadro non è più incoraggiante. Tra i 2 e i 5 mesi, quasi sei bambini su dieci (58,3%) non hanno ricevuto alcuna lettura dai genitori nella settimana precedente l’intervista. In Sicilia la quota sfiora il 70%, mentre in Trentino scende al 38,3%.
La lettura quotidiana è ancora un’eccezione: solo l’11,6% dei bambini viene coinvolto tutti i giorni. Anche qui il divario territoriale è evidente: in Emilia-Romagna la quota sale al 16,6%, in Puglia si ferma al 5,8%.
Con l’aumentare dell’età dei bambini, la situazione migliora solo parzialmente. Tra gli 11 e i 15 mesi, la percentuale di piccoli a cui non è stato letto alcun libro varia dal 16,4% del Trentino al 48,5% della Campania. In Friuli Venezia Giulia, oltre un terzo dei bambini riceve letture quotidiane, in Calabria appena l’11,5%.

A fare la differenza è anche l’abitudine personale dei genitori (ancora una volta, qui si considerano solo le mamme però). Lo studio mostra infatti che i figli di madri non lettrici hanno più del doppio delle probabilità di non essere mai coinvolti in momenti di lettura rispetto ai figli di donne che leggono.

Per approfondire. 

I bambini degli anni Ottanta e Novanta sono cresciuti immersi in un flusso di televisione sorprendentemente violenta.

Bambini, ansia e schermi: un nuovo studio

Nuovo volume del Sole 24 Ore: «La lezione è finita». Come IA, social media e realtà virtuale cambiano il modo di apprendere

L’accesso precoce a smartphone e social riduce i risultati scolastici

L’intelligenza artificiale in classe sarà spiegata bene dagli studenti-prof