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scienze

Un nuovo microchip velocissimo per la medicina preventiva

Immagina di poter osservare, in tempo reale e con una precisione mai raggiunta prima, come il tuo sistema immunitario reagisce a un virus. Non in una settimana di lavoro di laboratorio, ma in appena un’ora e mezza. Non con ampolle di sangue, ma con una sola goccia.
È un salto notevole nella mappatura anticorpale, accaduto in appena 7 anni di ricerca, e che potrebbe diventare lo standard per affrontare non solo le pandemie del futuro, ma anche virus come influenza, HIV, malaria. Una tecnologia che apre nuove possibilità per la medicina preventiva e personalizzata.

Un team di scienziati dello Scripps Research di san Diego, in California, ha messo a punto un microchip capace di rivelare in soli 90 minuti come gli anticorpi di una persona interagiscono con diversi virus, utilizzando appena una goccia di sangue. Il chip consente di catturare un’istantanea rapida dell’evoluzione degli anticorpi dopo un vaccino o l’esposizione a un patogeno.
Comprendere i meccanismi attraverso cui gli anticorpi interagiscono con i patogeni è fondamentale per progettare vaccini efficaci. Tuttavia, le tecniche attualmente disponibili per studiare questi complessi immunitari sono spesso laboriose, richiedono molto tempo e sono limitate da colli di bottiglia nella preparazione dei campioni.

Questo nuovo microchip è l’evoluzione di una tecnica già nota dal 2018, l’EMPEM (electron microscopy-based polyclonal epitope mapping), che permetteva di osservare al microscopio elettronico come gli anticorpi si legano a un virus. Tuttavia, EMPEM aveva due limiti: richiedeva appunto ampi volumi di sangue e una settimana di lavoro.

Questa nuova tecnologia, chiamata microfluidic EM-based polyclonal epitope mapping (mEM), fa invece in 90 minuti ciò che prima richiedeva un’intera settimana di lavoro di laboratorio, richiedendo un campione di sangue molto più piccolo e restituisce risultati più dettagliati, riuscendo persino a individuare bersagli anticorpali finora non rilevati su virus come SARS-CoV-2, influenza e HIV. Si tratta di uno strumento prezioso per accelerare lo sviluppo di vaccini e la scoperta di nuovi anticorpi.

I risultati sono stati pubblicati su su Nature Biomedical Engineering.

a, Left: a schematic of microfluidic technology demonstrating running buffer injected by the syringe pump and passed through a channel (red). Additional components include the input port and loop for sample injection of glycoproteins and sera, manifold valve, gold surface and PDMS cell. mEM outputs glycoprotein–antibody complexes that are imaged using EM for epitope characterization. Right: an exemplar micrograph, 2D class averages and 3D reconstructions of influenza HA complexed with IgG from sera. b, A photograph of the experimental PDMS cell with sample flowing through one of the channels (red). c, A representation of the seven main steps used by the mEM technology in preparing immune complexes for structural characterization by EM. d, The immobilized SARS-CoV-2 spike glycoprotein is eluted, and particles per micrograph are assessed by ns-EM. e, The particle density of the eluted sample is compared with a standard concentration of 15 µg ml−1 used to perform ns-EM. Representative graphs for one spike glycoprotein experiment out of three replicates (n = 3 experiments) are shown for d and e.

 

Come funziona questo chip

La base scientifica è semplice: dopo un’infezione o una vaccinazione, l’organismo produce anticorpi in risposta al virus. Alcuni si legano con forza, altri debolmente. Identificare con precisione le regioni virali su cui si concentrano gli anticorpi più efficaci è cruciale per progettare vaccini in grado di attivare una risposta immunitaria robusta e mirata.
L’idea di fondo è che se sappiamo quali anticorpi garantiscono la protezione migliore, possiamo progettare vaccini che inducano proprio quegli anticorpi.

Con mEM bastano appena quattro microlitri di sangue — circa cento volte meno di EMPEM — che scorrono all’interno di un microchip in cui le proteine virali sono ancorate a una superficie speciale. Gli anticorpi si legano alle proteine durante il flusso e, una volta concluso il processo, il materiale viene preparato per l’osservazione al microscopio elettronico. Tutto il procedimento richiede solo un’ora e mezza.

Più veloce ma soprattutto più sensibile

I ricercatori hanno testato mEM analizzando le risposte anticorpali in esseri umani e topi esposti a virus come influenza, SARS-CoV-2 e HIV. Oltre alla velocità, il nuovo metodo si è rivelato più sensibile di EMPEM, riuscendo a individuare siti di legame anticorpali mai rilevati prima.
Uno degli aspetti più innovativi è la possibilità di monitorare nel tempo l’evoluzione degli anticorpi nello stesso individuo, come dimostrato dai campioni prelevati a intervalli regolari da singoli topi vaccinati. Prima non era possibile, perché serviva troppo sangue.

Perché questa scoperta è importante

Il fatto che mEM riesca a identificare nuovi siti di legame degli anticorpi, non rilevati dalla tecnica precedente (EMPEM), dimostra che è più sensibile e in grado di offrire una mappatura più dettagliata della risposta immunitaria. Questi nuovi epitopi (siti di legame) potrebbero essere fondamentali per lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti più efficaci.
In secondo luogo, sapere con precisione dove si legano gli anticorpi più efficaci su un virus è cruciale per progettare vaccini migliori. Se un vaccino può essere progettato per stimolare la produzione di anticorpi diretti contro questi nuovi siti scoperti, potremmo ottenere risposte immunitarie più forti, durature e specifiche contro virus come influenza e SARS-CoV-2.

Come si è arrivati al risultato

Nel dettaglio, i ricercatori hanno utilizzato mEM per mappare gli anticorpi policlonali presenti nei sieri di individui infettati o vaccinati, testandoli contro cinque glicoproteine virali tramite microscopia elettronica a contrasto negativo.
In un secondo passaggio, mEM è stato abbinato alla cryo-microscopia elettronica per analizzare due proteine spike del coronavirus e una glicoproteina HA dell’influenza, sia in presenza sia in assenza di anticorpi policlonali. Anche in questo caso, la tecnica ha fornito una dettagliata visualizzazione delle interazioni tra anticorpi e antigeni virali.
Infine, il team ha tracciato l’evoluzione della risposta immunitaria in topi vaccinati con l’envelope N332-GT5 del virus dell’HIV (una specifica glicoproteina, gp120, che si trova sulla superficie del virus e svolge un ruolo cruciale nell’infezione delle cellule umane) riuscendo a mappare nel tempo la risposta individuale di ciascun animale, un’impresa difficile con le tecnologie precedenti a causa dell’elevata quantità di sangue necessaria.

I prossimi passi

Il team di ricerca sta ora lavorando per rendere il sistema automatizzato e capace di processare più campioni contemporaneamente. L’obiettivo finale è diffondere l’uso di mEM come strumento standard per il monitoraggio e la progettazione dei vaccini contro un ampio spettro di patogeni, dai coronavirus alla malaria.

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