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economia

La metà degli infermieri ha più di 50 anni, ma all’Università il numero rimane chiuso. Come faremo fra 20 anni?

Mancano infermieri (e medici), ma anche per il prossimo anno accademico – 2025-26 – non se ne fa nulla: il numero resta chiuso per gli infermieri e per tutte le professioni infermieristiche. Non che per l’accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia si passi al numero aperto: il test d’ingresso sarà solamente sostituito da tre esami di profitto a conclusione del primo semestre, che sarà aperto a tutti. Chi non supererà questi tre test non potrà passare al secondo semestre.
In sintesi, nonostante i posti siano stati leggermente aumentati negli anni sia per le professioni sanitarie che per Medicina, secondo le previsioni delle varie associazioni di categoria e osservatori, restano sempre troppo pochi rispetto al fabbisogno futuro stimato.

Gli ultimi dati sono contenuti nel primo “Rapporto sulle professioni infermieristiche” curato da FNOPI (Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche) e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Il problema è che la metà esatta degli infermieri ha più di 50 anni, il 15% di questo gruppo ha già superato i 60. La fetta più grossa è rappresentata dagli infermieri che oggi (2023) hanno tra i 51 e i 55 anni, che rappresenta il 18,2% del totale, seguita da quella tra i 56 e i 60 anni che sono un altro 16,14% e.
Al contrario, le fasce più giovani risultano ben poco rappresentate: solo il 3,16% degli iscritti rientra nella fascia 21-25 anni, mentre il 48% del totale della forza lavoro è compresa fra i 26 e i 50 anni.
Questo scenario suggerisce la necessità di politiche di ricambio generazionale e di incentivazione all’ingresso dei più giovani nella professione, per garantire sostenibilità e continuità nel tempo. Secondo ua recente rielaborazione di openpolis su dati Istat, nel 2050 gli italiani con almeno 65 anni saranno il 34,9% della popolazione, a fronte del 23,5% attuale.

Gli infermieri italiani guadagnano comunque meno dei colleghi europei

Dall’analisi dei dati emerge che lo stipendio medio annuo lordo degli infermieri in Italia è pari a 32.400 €, un valore leggermente superiore rispetto alla retribuzione annua lorda media degli impiegati italiani, pari a 32.174 € (dati Forbes, osservatorio Job Pricing). Tuttavia, questa cifra rimane sensibilmente inferiore rispetto alla media OCSE per il personale infermieristico, che si attesta intorno ai 39.800 €. Il divario evidenzia una discrepanza significativa tra quanto percepito dagli infermieri italiani e i colleghi di altri Paesi sviluppati, a fronte di responsabilità e rischi professionali spesso analoghi. A livello regionale, le differenze retributive sono marcate: il Trentino-Alto Adige presenta lo stipendio medio più elevato con 37.204 €, seguito da Emilia-Romagna (35.857 €) e Toscana (35.612 €), mentre le retribuzioni più basse si registrano in Molise (26.186 €), Campania (27.534 €) e Calabria (29.810 €). Queste variazioni sono in parte riconducibili alla diversa distribuzione di posizioni e incarichi, con una maggiore presenza di ruoli dirigenziali nelle regioni con stipendi medi più alti. Inoltre, si osserva una relazione positiva tra il numero di infermieri per 1.000 abitanti e il livello retributivo medio: nei Paesi in cui lo stipendio è più elevato, tende anche a essere maggiore la densità di personale infermieristico, suggerendo un possibile legame tra investimenti nel settore sanitario e valorizzazione economica della professione.

La soluzione non è “verranno dall’estero”

Il problema della carenza di infermieri non è infatti solo italiano, ma mondiale, come sottolineato dall’ultimo rapporto dedicato dell’OMS del maggio 2025. aggiungi: A livello globale, il 33% degli infermieri ha meno di 35 anni, rispetto al 19% di coloro che hanno 55 anni o più (ovvero, per ogni 100 infermieri prossimi alla pensione a livello globale, ci sono 174 giovani lavoratori). Tuttavia, in 20 paesi (per lo più ad alto reddito e della regione europea) gli infermieri che andranno in pensione entro i prossimi 10 anni sono più numerosi degli infermieri che sono all’inizio della loro carriera.
Nonostante l’aumento globale degli infermieri a 29,8 milioni nel 2023 (dai 27,9 milioni del 2018), persiste una carenza di 5,8 milioni dovuta alla loro distribuzione iniqua. Il 78% degli infermieri si trova in paesi che rappresentano solo il 49% della popolazione mondiale, con i paesi ad alto reddito che ospitano il 46% della forza lavoro infermieristica pur avendo solo il 17% della popolazione. La densità è di 37,1 infermieri ogni 10.000 persone, ma varia drasticamente: l’Europa ha una densità cinque volte superiore a quella dell’Africa e del Mediterraneo orientale, e dieci volte superiore nei paesi ad alto reddito rispetto a quelli a basso reddito.
A livello globale, il 33% degli infermieri ha meno di 35 anni, mentre solo il 19% ne ha 55 o più. Ciò significa che per ogni 100 infermieri prossimi alla pensione, ci sono 174 giovani professionisti. Tuttavia, in 20 paesi (per lo più ad alto reddito e nella regione europea), il numero di infermieri prossimi alla pensione supera quello dei giovani infermieri, indicando una futura carenza ancora più marcata in queste aree. Questo limita gravemente l’accesso a servizi sanitari essenziali per gran parte della popolazione mondiale.

Perché i dati sul numero di infermieri sono diversi a seconda della fonte?

I dati OCSE per l’Italia riportano che il numero medio di infermieri è pari a circa 6,5 ogni 1.000 abitanti, un dato che risulta inferiore rispetto alla media europea, attestata su 8,4 per 1.000 abitanti. Tuttavia, le stime possono variare sensibilmente a seconda delle fonti e dei criteri di rilevazione. Ad esempio, i dati FNOPI indicano una media di 7,83 infermieri ogni 1.000 abitanti, mentre il Conto Annuale del personale riporta un valore di circa 4,79. Questa discrepanza è dovuta al fatto che il Conto Annuale considera esclusivamente il personale infermieristico dipendente del settore pubblico, escludendo quindi i professionisti attivi nel settore privato. Di conseguenza, il confronto con la media OCSE, che si basa su dati più completi, risulta parzialmente distorto e il divario registrato è in parte atteso.
A livello regionale, si evidenziano forti disuguaglianze nel numero di infermieri: regioni del Centro-Nord come Liguria (6,3), Emilia-Romagna (6,25) e Friuli-Venezia Giulia (6,13) superano la media nazionale, mentre altre, in particolare del Sud e delle isole, come Lombardia (3,53), Sicilia (3,54) e Campania (3,57), presentano valori sensibilmente più bassi. È importante sottolineare che in alcune Regioni, soprattutto nel Nord, una quota significativa del personale infermieristico lavora in strutture private – come ospedali, cliniche e centri sanitari – che non vengono rilevate dal Conto Annuale.

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