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politica

Sistema fiscale: progressivo sul lavoro, regressivo sul capitale

Il principio di progressività nella Costituzione sancisce che il sistema tributario italiano debba essere informato a criteri di progressività, cioè che l’aliquota fiscale debba aumentare all’aumentare della base imponibile.
La definizione, per quanto semplice e concisa, nasconde delle difficoltà in più. Innanzitutto, è il sistema tributario a dover essere progressivo, non la singola imposta, quindi si potrebbe lo stesso operare in un regime di sistema progressivo, con la presenza di una sua componente proporzionale o, addirittura, regressiva.

L’imposta sul valore aggiunto, più conosciuta come IVA, costituisce un imposta esplicitamente proporzionale, con aliquote che variano in base al bene o servizio acquistato, indipendentemente dal reddito dell’acquirente. Se un singolo elemento all’interno di un sistema tributario, viola i principi di progressività, ma non impatta sulla progressività del sistema fiscale stesso, allora il rispetto della norma costituzionale non viene meno. Era questo il cavallo di battaglia di chi difendeva la Flat Tax dai richiami alla progressività, dettata dalla Costituzione, da parte degli oppositori.

Un articolo di Reuters pubblicato a dicembre 2024 avvertiva che il sistema fiscale italiano potrebbe essere caratterizzato da tratti di regressività, in cui il 7% più ricco della popolazione italiana – coloro che detengono un reddito superiore a circa 76.000 euro – potrebbe essere favorito, rispetto agli altri contribuenti.
Dietro il pezzo pubblicato, c’è l’analisi nata dalla collaborazione tra il Centro per gli studi economici di Monaco, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove gli autori sostengono che il sistema fiscale italiano diventi regressivo per le fasce più ricche della popolazione.

Non è sufficiente infatti limitarsi alle imposte dovute sul reddito da lavoro per poter sostenere quanto un sistema fiscale sia progressivo, ma occorre considerare anche le imposte e le tasse, siano esse dirette o indirette.
Se si considerasse solamente la pressione fiscale sul reddito da lavoro e si stilasse una classifica in base alla sua progressività, avremmo l’Italia al podio tra i paesi europei, considerando lo scarto percentuale tra tassazione della fascia più povera e tassazione della fascia più ricca. Un esempio è lo studio pubblicato in questa pagina, che utilizza dati di Eurostat, e il relativo grafico ricreato di seguito.

Ogni grafico a barre mostra la tassazione applicata a ciascuna fascia contribuente, divisa in base alla percentuale del reddito percepito rispetto al reddito medio del relativo paese. Muovendoci verso destra, in ciascun grafico stiamo quindi osservando la tassazione applicata a chi ha redditi da lavoro via via sempre più alti: si inizia da chi guadagna la metà o meno del reddito medio e si giunge a chi ne percepisce il 167% o più.
Concentrandosi sui paesi che presentano lo scarto più grande tra tassazione applicata ai contribuenti meno abbienti e quelli più ricchi e considerando tale scarto indice di progressività fiscale, l’Italia sembrerebbe essere tra i primi tre paesi in Europa, insieme a Spagna e Paesi Bassi.

Questi risultati non sono però sufficienti a definire quanto il sistema fiscale di un paese sia progressivo, poiché non tengono conto di tutti gli elementi che determinano quanto il cittadino dovrà versare nelle tasche dello Stato. Lo studio precedentemente citato e presentato anche nel pezzo di Reuters, evidenzia come il fattore principale che determina la regressività del sistema fiscale italiano, per la fascia più abbiente, sia da identificare nella predominanza dei redditi di capitale per i percipienti più ricchi che svolge un ruolo fondamentale nel ridurre il loro carico fiscale totale.

Il reddito da capitale costituisce una parte importante del reddito dei contribuenti, ma in misura molto più vantaggiosa per chi è già detentore di una ricchezza più elevata. Tale fenomeno non è assolutamente catturato dalla sola pressione fiscale calcolata sul lavoro e, di conseguenza, dai grafici visti precedentemente.
I risultati dello studio mostrano come il rendimento medio sui patrimoni del 90% della popolazione meno abbiente è di circa il 2-3%, mentre spostandosi verso i contribuenti più ricchi tale rendimento aumenta, raggiungendo il 5% per lo 0.1% più ricco dei contribuenti.

Andando a vedere cosa accade solamente sul reddito da lavoro, secondo i dati di Eurostat, nel 2024 i contribuenti italiani che percepiscono un reddito medio hanno assistito, in media, a un aumento della pressione fiscale rispetto all’anno precedente. Fenomeno che non ha interessato le altre fasce di reddito, né quelle più povere e né quelle più ricche, andando così a intaccare una buona fetta della popolazione, correndo il rischio di aumentare le difficoltà finanziarie.

Intanto, i poveri assoluti in Italia, cioè quelli non in grado di acquistare beni e servizi essenziali nel 2023 hanno toccato il punto più alto da quando è iniziata la relativa raccolta dei dati nel 2014: quasi il 10% della popolazione italiana vive in condizioni di povertà assoluta, secondo la metodologia Istat, anch’essa non priva di bias. In maggiore dettaglio, la povertà assoluta colpisce il 9% degli abitanti del nord, l’8% di chi abita in centro e il 12.1% di chi vive al sud.

Il sistema fiscale italiano e la sua presunta regressività sono stati al centro del dibattito politico per molto tempo, polarizzando spesso le opinioni dei cittadini. Le proposte mosse dagli accademici o dai partiti sono state svariate: tassazione pesante su eredità superiori a un determinato valore, forte pressione fiscale per i redditi dei più abbienti, spesso rappresentata da una patrimoniale, per non aggravare le già considerevoli imposte sul lavoro, oppure la possibilità di spostare in maniera più sistematica la tassazione dal lavoro a al capitale.

Guardare solamente alle imposte sul lavoro non permette di avere una visione corretta del sistema fiscale di un paese. Concentrarsi esclusivamente sull’IRPEF e sulle aliquote applicate ai redditi da lavoro rischia di offrire un’immagine distorta, spesso fuorviante, della distribuzione effettiva del carico fiscale. In realtà, per comprendere se un sistema sia davvero progressivo o regressivo, è fondamentale considerare l’insieme delle componenti fiscali, comprese quelle che incidono in modo indiretto, ma significativo sulla ricchezza: come la tassazione dei patrimoni, dei redditi da capitale, delle successioni e delle rendite immobiliari. Trascurare questi elementi significa ignorare le modalità con cui si accumula e si conserva la ricchezza nel tempo, compromettendo qualunque tentativo di valutazione equa ed efficace del sistema.