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Breve storia in numeri e grafici del MVP (Most Valuable Player) della Nba

Il prossimo Michael Jordan arriverà dall’Europa. Questa la frase rimasta impressa nei ricordi di tanti appassionati e pronunciata da un visionario della pallacanestro come Don Nelson, ex allenatore di Milwaukee Bucks, Golden State Warriors, New York Knicks e Dallas Mavericks.

Già in tempi non sospetti, anche se l’affermazione fu particolarmente ardita, c’erano comunque diversi elementi che potevano renderla meno campata per aria e, come in tanti ambiti, la globalizzazione vera e propria è arrivata anche nella NBA, dove ormai la lotta per il titolo di miglior giocatore sta diventando quasi un’esclusiva riservata ai talenti provenienti al di fuori degli Stati Uniti.

Ora, di Michael Jordan ce n’è stato uno e i due giocatori che gli sono stati accostati più frequentemente nei vari paragoni sono stati nell’ordine Kobe Bryant (oggettivamente una specie di clone per stile e movenze) e LeBron James (immenso talento tecnico e fisico che nella peggiore delle ipotesi potrebbe venire ricordato come secondo miglior giocatore di sempre), entrambi americani; pertanto, dosiamo bene le parole.

Va però detto che il riconoscimento come MVP (Most Valuable Player) della stagione regolare è un premio che, per quanto risulti un gradino sotto al vincere il titolo NBA, mette mediamente tutti d’accordo su quale sia il giocatore più forte del campionato, con buona pace di tutte le teorie più o meno complottistiche che spuntano un po’ per riempire i giornali e i dibattiti televisivi dei programmi sportivi.

E se in alcune stagioni la lotta può concludersi davvero al fotofinish è abbastanza improbabile che l’atleta nominato risulti un miracolato sportivo, rappresentando quindi il meglio che il campionato NBA può esprimere.

Ecco dunque che anche quest’anno ci troviamo di fronte all’avverarsi di quanto sosteneva in un certo senso il buon Don Nelson, visto che per il sesto anno di seguito, il trofeo di MVP della stagione regolare è stato assegnato ad un giocatore non americano.

Nel grafico che segue, noi di Info Data, abbiamo deciso di ripercorrere tutta la storia dei vincitori del premio dalla sua introduzione nel campionato 1955/56, riportando la nazionalità degli atleti ed anche una metrica avanzata nominata Win Share / 48 che indica quante vittorie (di squadra) sono imputabili ad un giocatore, spalmandole sul minutaggio complessivo dei 48 minuti delle gare NBA, così che eventuali differenze relativa alla media della permanenza in campo possano essere maggiormente paragonabili.
La metrica in questione è osservabile anche grazie al gradiente di colore che vira dal giallo al verde acqua, al crescere del suo valore, mentre tutte le altre cifre di ogni MVP sono consultabili al passaggio del cursore che – in aggiunta – illumina anche altre stagioni in cui il giocatore in questione ha vinto il titolo di MVP, se pluri-premiato.

 

Guardando i numeri e provando a tornare sulla frase di apertura, possiamo notare che su 69 assegnazioni del premio, ci sono stati per ora solo undici casi in cui il vincitore è nato fuori dagli Stati Uniti, anche se come anticipato il trend delle ultime stagioni è assolutamente degno di nota.

 

Tutto è partito nel lontano 1994 quando – durante il primo ritiro di Michael Jordan – la NBA decise di premiare uno straripante Hakeem Olajuwon che, lo stesso anno ed anche quello seguente, portò gli Houston Rockets ai loro pri21mi ed al momento unici titoli NBA.

In un certo senso, il caso di “The Dream” fu ancora più eclatante perché se tra fine anni ’80 ed inizio anni ’90 cominciavano a circolare i primi giocatori europei in grado di ritagliarsi un ruolo significativo, riuscire a vincere l’MVP per un giocatore africano fu un grandissimo segnale che mise un mattone più che significativo verso la globalizzazione del basket tanto cara all’allora commissioner David Stern.

Procedendo verso il presente, troviamo la prima occasione di MVP consecutivamente assegnati a non americani in occasione del back-to-back del canadese Steve Nash nel 2005 e 2006 a cui poi seguì l’ex compagno di squadra Dirk Nowitzki, bandiera tedesca dei Dalla Mavericks con i quali avrebbe poi vinto il titolo quattro anni più tardi.

C’è stato poi un decennio (in realtà undici anni) in cui tutti i vincitori erano americani, comprendendo nomi di primissimo calibro come il compianto Kobe Bryant, LeBron James o Steph Curry, tanto per citarne alcuni, fino a quando nella stagione 2018/19 il premio è stato vinto dal greco Giannis Antetokounmpo che si sarebbe poi riconfermato MVP anche in quella successiva.

Poi è stato il turno di Nikola Jokic che con un’altra doppietta, questa volta serba, ha portato altra acqua al mulino non-americano, prima che lo scorso anno la commissione di voto gli preferisse al fotofinish il camerunense Joel Embiid (che però curiosamente gareggerà alle prossime olimpiadi con la cittadinanza americana, dopo aver flirtato anche con a nazionale francese), privandolo della prestigiosissima emozione di un threepeat riuscito davvero a pochissimi atleti.

Ad ogni modo il “Joker” ha centrato l’obiettivo di vincere il terzo titolo di MVP, entrando in una zona molto elitaria della storia NBA visto che sono davvero pochi i cestisti in grado di ripetersi a prescindere dall’aver vinto in anni consecutivi; ma vediamo nel dettaglio chi sono questi pluri-premiati.

continua….

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