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Cinquant'anni di storia dei videogiochi in un grafico - Info Data
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Cinquant’anni di storia dei videogiochi in un grafico

Benchè possa sembrare strano, è passato oltre mezzo secolo da quando ad inizio degli anni Settanta il mondo dell’intrattenimento subì una svolta epocale con l’avvento dei videogiochi arcade che, fra suoni elettronici e luci decisamente brillanti per chi era abituato al bianco e nero dei televisori, rappresentarono la porta di ingresso per un nuovo modo di vivere il divertimento e che nel corso degli anni continua a rinnovarsi fino ad essere diventato un vero motore ed un industria di riferimento nel mondo tecnologico.

Per celebrare questa sorta di anniversario simbolico, noi di Info Data abbiamo deciso di dare uno sguardo ai numeri pubblicati dalla società di market intelligence britannica Pelham Smithers che ha raccolto i dati di vendita (espressi in miliardi di dollari, adeguati secondo l’inflazione ed arrotondato all’unità più prossima) del settore andandoli a dividere in funzione delle piattaforme che sono nate (ed estinte) nell’arco di questi primi cinquant’anni di vita.

Nei grafici che seguono sono riportati sia i valori assoluti di vendita che le relative quote di mercato su base 100 suddivise per le sei principali piattaforme venutesi a creare nel tempo a partire dagli arcade, facendo spazio poi a console, personal computer, console portatili, dispositivi mobile ed infine alla coppia formata da realtà virtuale e realtà aumentata (Vr/Ar, dall’inglese Virtual reality e Augmented reality).

 

La ricetta per il divertimento, al netto dell’eventuale complessità tecnologica dei tempi che consisteva nel dover fare i conti con supporti decisamente primordiali in fatto memoria, era già di per sé piuttosto vincente e per lasciare il primo segno nella storia bastarono due stanghette ed una palla che veniva fatta rimbalzare (rigorosamente in due dimensioni) che presero il nome di “Pong”, arrivato nei cabinati arcade all’alba del 1972.

Per capirci, se voleste ricreare da zero l’ossatura fondante di Pong, basterebbe comporre una richiesta ben sufficientemente dettagliata al ChatGPT di turno, ottenendo così quello che per gli anni Settanta è stata un po’ la scoperta del fuoco (o della ruota) in termini di importanza iconica, dando il via al fascino delle sala arcade che sarebbero poi diventate un simbolo anche del decennio successivo, passando per altre pietre miliari come Space Invaders (pubblicato da Taito nel 1978), Asteroids (Atari, 1979) e Pac-Man (Namco, 1980).

Di questi, Pac-Man ha avuto un impatto ancora maggiore sulla cultura pop quando è arrivato sul mercato nel 1980 dato che, pur essendo estremamente popolare di per sé, la gente prese quello strano essere giallo come vera e propria mascotte, portando alla creazione di merchandise e ad una serie animata con lo stesso nome nel 1982, ispirando anche la canzone ‘Pac-Man Fever’ di Buckner & Garcia che nel 1982 raggiunse addirittura la posizione #9 della Billboard Hot 100.

Sul finire degli anni Settanta, cominciarono a spuntare le prime versioni casalinghe di quello che inizialmente era un divertimento da “cabinato” e non ancora destinato ad uso personale, dando il là all’avvento delle prime console capitanate dal mitico Atari 2600 arrivato sul mercato nel 1977.

Così facendo, cominciò un periodo in cui i beniamini dei videogiochi potevano essere ritrovati anche tra le mura domestiche e gli sviluppatori poterono iniziare la sperimentazione di nuovi generi non necessariamente legati all’una o all’altra forma dell’intrattenimento videoludico.

Di lì a poco comparve un’altra pietra miliare del settore, pubblicata da Nintendo, che avrebbe fatto da ponte tra queste due realtà e venendo universalmente riconosciuta come primo videogioco di genere platform (quelli in cui, per capirci, lo scopo del gioco è muoversi in uno schema tra varie “piattaforme” appunto, cercando di evitare ostacoli e/o nemici che si frappongono tra il protagonista e la meta finale), vale a dire Donkey Kong.

Ed è proprio Nintendo che forse rappresenta al meglio il mondo delle console, o quantomeno è il caso più longevo che ha saputo adattarsi ed evolversi in un mercato che prima l’ha vista come leader, facendola poi incappare in un limbo tecnologico che ha visto in Sony (con PlayStation) e Microsoft (con Xbox) due colossi industriali darsi battaglia a suon di potenza di calcolo e grafica, salvo poi riemergere definitivamente grazie ad un’identità basata in primis sull’esperienza di gioco rispetto ad una squisita guerra di specifiche tecniche.

Facciamo riferimento a Nintendo perché, nonostante l’avvento dei Personal Computer fosse già evidente durante gli anni Ottanta, diventando poi una presenza fissa sul mercato consolidando nel tempo circa un quarto di tutto il mercato videoludico, va ricordato che sul finire della stessa decade, la stessa azienda nipponica fondata di fatto un secolo prima (da Yamauchi Fusajiro, come produttore e distributore di carte da gioco… ah, i Pokèmon!) si presentò al mondo con una novità senza precedenti: le console portatili.

Si può affermare senza troppi problemi che il Game Boy è stata “la console” portatile per eccellenza: che si sia rimasti affezionati al mitico Tetris già visto in più versioni tra le varie piattaforme o che lo si abbia avuto tra le mani per la prima volta in concomitanza con l’uscita di un qualche episodio di Pokèmon, non c’è schermo a quattro tonalità di grigio/verde che non abbia fatto breccia di chi lo ha consumato, scaricando innumerevoli batterie stilo.

Le console portatili hanno avuto chiaramente anche altri attori co-protagonisti come il Game Gear di Sega ad inizio dell’avventura o la PSP e figli a partire dai primi anni del nuovo millennio, e si sono sapute ritagliare fino ad un quinto abbondante del mercato all’apice del loro splendore (2007, 23,5% del totale vendite), andando poi a sbiadire fino a poi essere rimpiazzate dal mobile gaming diventato sempre più impattante negli ultimi venti anni.

Inutile dire che l’introduzione sul mercato dell’iPhone abbia segnato un punto si svolta epocale nella concezione degli smartphone che da quel momento in avanti sono entrati di prepotenza nella nostra quotidianità portandosi dietro le abitudini di gioco degli appassionati storici, a cui si è poi andata ad aggiungere quella sostanziosa fetta di “casual” che si sono riscoperti affascinati (per non dire addicted) ai giochi da cellulare che, specie negli ultimi anni, poco hanno da invidiare rispetto ad alcuni titoli che in passato erano esclusiva delle console (più o meno portatili).

Ad oggi, o per meglio dire, coi dati del 2022, il mercato ci racconta una storia in cui oltre 100 miliardi di dollari sono generati dal mobile gaming, andando a cannibalizzare le quote del mercato con una percentuale superiore al 55%, lasciando il 23% al PC e il 16% al mondo delle console.

In questo scenario, da qualche anno a questa parte, sta timidamente provando ad emergere anche una nuova tipologia di piattaforma, basata sulla realtà virtuale/aumentata che al momento non supera il 3% di tutte le vendite complessive e che soffre ancora la necessità di avere tra le mani (e non solo) una dotazione hardware ancora un po’ troppo di nicchia, tra abitudini da rimodellare e costo ancora non necessariamente accessibile a tutte le tasche.

Nell’attesa di capire se e come l’intelligenza artificiale ci farà assistere al prossimo passo di svolta del settore, cinquant’anni di videogiochi ci hanno donato non solo momenti di pura gioia e sfida, ma anche una testimonianza tangibile del potenziale creativo umano.

Mentre festeggiamo questo traguardo significativo, guardiamo al futuro con entusiasmo, consapevoli che il mondo dei videogiochi continuerà a sorprenderci, ispirarci e connetterci, con la stessa magia che ci ha accompagnato in questo affascinante viaggio sin dal suo inizio, che sembra così lontano nel tempo, ma non dai nostri ricordi.

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