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tecnologia

Dieci anni di start up riassunti in tre grafici. Ecco cosa è accaduto

 

Rispetto al primo trimestre dell’anno in corso, nei secondi tre mesi si è registrato un +1,8% nel numero di imprese innovative presenti nel nostro paese che, tra l’altro, continua sulla linea verde per cui più del 17,4% di esse è stata fondata da giovani under 35, pari ad uno 0,5% in più rispetto al primo trimestre.

Per approfondire meglio come siamo soliti fare noi di Info Data abbiamo voluto dare uno sguardo ai dettagli numerici elaborati da Infocamere basati sui dati del Registro Imprese (portale startup.registroimprese.it) per vedere quale sia lo stato attuale, aggiornato a metà settembre.

La distribuzione sul territorio italiano aggiornata a metà settembre racconta una storia abbastanza nota in cui la Lombardia comanda la graduatoria con quasi quattromila startup (3952), andando registrare più del doppio della seconda regione classificata, vale a dire il Lazio (1791), seguito in terza posizione dalla Campania (1387), arrivando poi all’Emilia Romagna (1100) e Veneto come unici altri casi con più di mille attività.

Allo stesso modo, Milano resta la capitale delle startup italiane potendo vantarne quasi 2800 (2789), mentre Roma e Napoli, esattamente come per quanto accaduto nelle regioni di cui sono capoluoghi, si devono accontentare degli altri due gradini del podio, registrandone rispettivamente 1623 e 701.

A differenza della graduatoria regionale invece, la quarta piazza non è occupata da una città dell’Emilia Romagna, bensì da Torino con 547 che insieme a Bari (374) precedono appunto Bologna (361), a cui si aggiungono poi Padova (313), Salerno (306), Brescia (287) e Bergamo (284) per completare la top ten.

Per chi fosse interessato ad esplorare più a fondo, cliccando sugli istogrammi è possibile filtrare la visualizzazione sia per anno che per regione in modo da scoprire dettagli aggiuntivi come ad esempio che se ci si concentra sul solo 2022, l’Emilia Romagna (152) scavalca la Campania (139) conquistando il terzo posto nella lista annuale in cui, per contro, la Sicilia (43) scivola al tredicesimo posto rispetto settimo calcolato sull’interezza dell’orizzonte temporale che si riferisce alla data di iscrizione al registro delle imprese nella sezione startup.

 

 

Il 2022, confrontato con gli anni passati, sembra essere sulla via per giocarsela con il 2020 anche se la differenza la farà l’ultimo quadrimestre in cui due anni fa venne registrato un boom di nuove startup (specialmente le 427 di dicembre), chiudendo i dodici mesi a quota 2937.

Stando alle cifre attuali che vedono 1916 registrazioni da gennaio ad agosto, è comunque altamente improbabile che l’anno in corso possa avvicinarsi al 2021 in cui si è raggiunto il record di 4100 unità, fissando anche il primato mensile con ben 490 iscrizioni nel mese di marzo, uno degli unici quattro casi (tre sempre nel 2021) in cui l’elenco delle startup ha visto compare almeno quattrocento nuovi denominazioni.

Servirà quindi aspettare l’inizio del 2023 per avere la certezza dei numeri definitivi in modo da capire di quanto si potrà essere eventualmente “rallentato” un trend che è sempre cresciuto negli ultimi otto anni, partendo dal 2013 e culminato nel 2021 come anno di riferimento per quelli che verranno.

 

Il settore dei servizi è senza ombra di dubbio quello trainante nella macro classificazione proposta dal Registro delle Imprese e costituisce il 79% del totale con quasi 11700 aziende sul totale di 14742 attualmente registrate (metà settembre).

Per avere un po’ di contesto, basti pensare che la seconda voce in graduatoria è composta dalla coppia legata alla produzione, vale a dire industria ed artigianato, che si assesta attorno al 15% (2266) precedendo commercio (498), turismo (121) e, in chiusura, il binomio formato da agricoltura e pesca (112).

Nella dashboard interattiva sono rappresentate tutte e 14742 le aziende censite nella lista elaborata da Infocamere e sono associate cromaticamente al settore di appartenenza, mentre per quanto riguarda la dimensione delle varie bolle il riferimento è da ricercare nella classe di produzione, direttamente proporzionale alla forbice di denaro corrispondente.

Queste due classificazioni, esattamente come le altre, per classe di capitale e classe di addetti, sono interattive e, se selezionate, consentono di filtrare l’elenco delle startup in modo da affinare la ricerca individuando porzioni della lista a piacere, riuscendo così a recuperare un dettaglio informativo maggiore delle singole aziende (cliccando sulle relative bolle), tra cui denominazione, localizzazione geografica, senza dimenticare il sito internet istituzionale.

Ad alto livello, osservando la distribuzione dei valori per le varie voci delle classificazioni, la classe di capitale più diffusa è quella dell’intervallo compreso fra cinque e diecimila euro (6178), seguita da quella immediatamente successiva nella scala tra dieci e cinquantamila (3523), in una gaussiana asimmetrica, spostata particolarmente verso sinistra (o in alto, rispetto a come è rappresentata verticalmente) dove sono poco più di centocinquanta le aziende ad aver un capitale superiore al milione di euro.

E restando in ambito di importi, per quanto riguarda la classe di produzione, poco meno della metà delle aziende (6583) si concentrano nel primo intervallo che ha come estremo superiore i centomila euro, seguiti dalla fascia numericamente contigua della forbice cento-cinquecentomila rappresentata da 2618 casi, per poi diminuire in maniera corposa fino alle 596 aziende che valgono la terza posizione del range che arriva al milione di euro, sempre tenendo presente che poco meno di un terzo dei valori non sono stati resi disponibili.

In maniera similare, anche il dato sulla classe di addetti è parziale visto che non sono stati forniti quasi novemila valori, ma con riferimento a quanto è invece categorizzabile, emerge chiara la tendenza per cui la stragrande maggioranza delle startup (4532) è costituita da massimo quattro persone, avendo come seconda forbice più diffusa quella tra cinque e nove (780), con una distribuzione che diminuisce in maniera direttamente proporzionale alla dimensione della forza lavoro, terminando con un unico caso di azienda con almeno duecentocinquanta dipendenti.

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