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economia

Qual è il livello di istruzione delle ultime generazioni di italiani? Ecco cosa sappiamo. (seconda puntata)

Periodicamente emerge sulla scena politica, seppur sottotono, il dibattito sull’estensione dell’obbligo di istruzione fino alla maggiore età. Oggi in Italia è obbligatoria l’istruzione impartita per almeno 10 anni e riguarda la fascia di eta compresa tra i 6 e i 16 anni. Abbiamo visto la scorsa puntata che in dieci anni – dal 2011 a oggi – la percentuale di ventenni senza il diploma è calata sensibilmente, passando dal 23% al 17%, anche se nel complesso si tratta di una percentuale ancora piuttosto elevata. Dai dati del censimento 2020 che abbiamo ottenuto emerge però un altro dato allarmante che riguarda i giovani ben prima del diploma: addirittura 10,6 mila ragazzi fra i 20 e i 24 anni oggi sono analfabeti, mentre altri 15,8 mila sono alfabetizzati ma non hanno mai finito le scuole elementari, e altri 23,3 mila non hanno mai finito le scuole medie. Stiamo parlando quindi in totale di quasi 50 mila giovani, sia al sud che al nord. Sebbene il meridione presenti una percentuale maggiore di ragazzi senza la terza media (quasi il 4%), anche a nord ovest si supera il 3%.

Il dataset che stiamo raccontando mostra nel dettaglio qual è il livello di istruzione reale dei 20-24 enni nel 2020. È la prima volta che viene pubblicato questo dato, che abbiamo grazie a un’estrazione fornitaci privatamente su richiesta da Istat. Il database di riferimento pubblicato aggrega infatti i dati dei 9-24 enni, mentre qui abbiamo potuto isolare la fascia d’età 20-24 anni, cioè ragazzi che dovrebbero essere almeno diplomati.

Un ventenne su quattro al sud non è diplomato

Il Meridione ha tuttavia ancora tassi decisamente più elevati di ragazzi e ragazze senza un diploma: in Sicilia e Sardegna parliamo di un quarto dei 20-24 enni di oggi. Nel resto del Sud sono uno su cinque, contro uno su sei al centro-nord. Attenzione: i dati provengono da un censimento, dove la residenza geografica spesso non coincide con il luogo reale dove vivono i ragazzi, in primis gli universitari.

Ragusa, Sassari, Catania, Nuoro, Sud Sardegna, Oristano, Trapani, Palermo, Siracusa, Aosta, Imperia e Prato sono le province con la percentuale più alta di non diplomati. L’aspetto interessante, che emergeva anche dieci anni fa, è che le città capoluogo o sedi universitarie, cioè quelle più grandi, hanno tassi più elevati di laureati ma al contempo anche di non diplomati. Segno che accanto al problema delle infrastrutture ferroviarie e stradali delle aree interne e della montagna, il tema delle disuguaglianze nelle grandi città è uno dei temi cruciali per parlare davvero di mobilità sociale nel paese.

Purtroppo a differenza del censimento del 2011 dove era possibile sapere che tipo di diploma possedevano i ragazzi, per il 2020 esiste solo il dato aggregato “diploma”.

Un ventenne su dieci è laureato
Dieci anni fa era laureato il 6,5% dei ventenni, che significa 1,3 in una classe di 20, mentre oggi sono quasi due giovani su venti. Anche qui ad abbassare la media è il Meridione: nelle province del nord e del centro i laureati triennali sono l’11%, contro l’8,7% al sud dello stivale e il 7,8% delle isole.
La provincia d’Italia con più laureati è Padova (il 12,61% dei residenti). Segue la “provincia”, con Ascoli Piceno, Rovigo, Isernia, Fermo, Monza, Lecco, Ancona, Macerata, e solo al decimo posto Milano. Roma si assesta più in basso. Le province con meno laureati triennali (i laureati magistrali sono comunque intorno all’1% in questa fascia di età), sono Bolzano, Enna, Ragusa, Siracusa, Prato, Sud Sardegna, Sassari, Trapani, Catania, Palermo, Vibo Valentia, Oristano, Cagliari, Reggio Calabria e Imperia.

Una nota sui dati
I dati sulla popolazione li raccoglie Istat attraverso i censimenti periodici (lavori mastodontici e preziosissimi per avere numeri solidi e dettagliati), ma non sempre sono disponibili in modo disaggregato. Quindi Istat su nostra richiesta ci ha inviato il dato scorporato per i 20-24 enni.
Chiaramente questo che proponiamo è un dato meramente geografico, che non tiene conto delle disuguaglianze derivanti dallo status socio-economico della famiglia d’origine, che come sappiamo incide pesantemente sulle scelte scolastiche.
Ma soprattutto non dà conto del gap reale delle periferie meno connesse in termini di infrastruttura. Per avere una mappa reale e dettagliata dello svantaggio di istruzione serve il dato a livello comunale. Ci stiamo lavorando, seguiteci.