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Nonostante tutto sembriamo felici. Ecco cosa dice il World Happiness Report

Nonostante il 2020 sia stato un anno tutt’altro che catalogabile con l’etichetta di “felice”, recentemente sono stati pubblicati i dati relativi al World Happiness Report del 2021 per quanto riguarda gli scorsi dodici mesi.

Detto che il Covid-19 ha chiaramente alterato in modo imprescindibile la percezione di felicità a cui si poteva essere abituati in uno scenario pre-pandemico, resta fermo che, sorvolando per un momento sull’emergenza globale, i criteri di valutazione di questa analisi possono essere contemplati come abbiamo fatto anche nel recente passato

Ad ogni modo, proprio perché quello appena trascorso è stato un anno particolare, per questa occasione, noi di Info Data abbiamo preso in considerazione i valori medi degli ultimi tre anni di dati, vale a dire dal 2018 al 2020, in modo da poter ridurre l’effetto Covid-19 che potrebbe aver alterato parzialmente il dato del 2020.

Nella visualizzazione che segue, per ogni macro-area selezionata (di default Europa occidentale, ma cliccando sul relativo cerchio a sinistra del nome è possibile cambiare focus), è stato rappresentato in mappa un cerchio tanto più grande e con gradiente di lilla più intenso al crescere dell’indicatore sulla felicità della relativa nazione.
Segue poi un istogramma a più colori che suddivide il valore complessivo nei sette fattori che lo costituiscono, corredato dal ranking a livello mondiale del paese in questione.

 

Prima di procedere con i dati numerici, è bene fare un piccolo ripasso di quali siano gli elementi presi in considerazione per il calcolo della felicità secondo il World Happiness Report.

Si può dire che in questa analisi socio-economica vengono esaminati sei fattori “canonici” più uno di carattere distopico.

In particolare nello studio viene associato un punteggio singolo (che sommato con gli altri costituisce l’indicatore finale) per il Prodotto Interno Lordo pro-capite (log GDP per capita), la generosità degli abitanti (generosity), la serenità nel poter compiere scelte di vita (freedom to make life choices), l’aspettativa di vita (healthy life expectancy), la percezione di corruzione all’interno del paese (perceptions of corruption) ed il supporto sociale (social support).

Il settimo valore (Dystopia + residual) rappresenta invece la percezione di come un ipotetico paese chiamato Dystopia vedrebbe le altre nazioni sulla base delle sei variabili oggetto del sondaggio. Il carattere distopico di questo paese immaginario è stato numericamente ricreato andando ad attribuire a Dystopia sei valori che corrispondo ai punteggi più basi fatti registrare mediamente nei tre anni precedenti per ogni singola variabile esaminata.

 

Nord Europa sempre felice

Osservando i valori medi registrati sul triennio 2018-2020, tutto il nord dell’Europa compare nelle primissime posizioni della graduatoria e, più in generale, l’Europa occidentale (Western Europe), che appare come prima selezione, può vantare nove paesi tra i primi dieci e tredici nella top 20.

Nel dettaglio, come negli anni passati, la prima posizione continua ad essere detenuta dalla Finlandia con uno score complessivo pari a 7,842 che stacca di quasi due decimi di punto la Danimarca (7,620) al secondo posto.

Sul terzo gradino del podio della felicità si assesta la Svizzera (7,571) che rompe il dominio del nord Europa, seguita poi da Islanda (7,554) e Olanda (7,464) a completamento della top5.

Per trovare l’Italia bisogna arrivare nella parte bassa della graduatoria per l’Europa occidentale, più precisamente al quint’ultimo posto di questo elenco parziale, dove il valore di 6,483 conferisce comunque al nostro paese la 28esima piazza a livello mondiale (quando invece per il solo 2020 la graduatoria recitava 25esima posizione).

È curioso notare come nel caso italiano, pur in presenza di alcuni indicatori che, per quanto inferiori, sono paragonabili agli altri paesi, ed in qualche caso sono pure di rilievo (si veda il dato in giallo sull’aspettativa di vita), c’è un dato che affossa drasticamente la nostra classifica.

La percezione della corruzione (porzione in azzurro più scuro dell’istogramma) italiana è sintetizzata da un valore pari a 0,047 che è maggiore solo rispetto al dato del Portogallo (0,033), quando nelle nazioni in cima alla classifica si attesta praticamente su un ordine di grandezza superiore, come nel caso della Finlandia (0,481).

Senza rovinarvi più di tanto l’esplorazione delle altre macro-aree selezionabili (click sia da desktop che da mobile sui puntini al fianco dei nomi delle zone), al di fuori dell’Europa occidentale, figurano in alto nella classifica le due rappresentanti oceaniche con la Nuova Zelanda in nona posizione (7,277) e l’Australia in undicesima (7,183) con Israele subito dietro al dodicesimo posto (7,157), mentre per trovare il primo paese americano bisogna scorrere la lista fino alla quattordicesima posto del Canada (7,103) che batte gli Stati Uniti distanziati di 5 lunghezze (19esimi a quota 6,951).

Per concludere, agli antipodi rispetto alla parte più felice del pianeta, le posizioni meno prestigiose della classifica sono occupati in prevalenza da paesi dell’area sub-sahariana dell’Africa anche se il primato, ben poco edificante, spetta all’Afghanistan (Asia e Oceania) che con il valore di 2,523 stacca nettamente lo Zimbabwe, penultimo a quota (3,145).

La bottom 10 dell’elenco è infine completata in ordine crescente da Rwanda (3,415), Botswana (3,467), Lesotho (3,512), Malawi (3,600), Haiti (3,615), Yemen (3,658), Burundi (3,775) ed India (3,819) che, per essere una delle potenze mondiali, rende bene l’idea di come la felicità (almeno quella di questo indicatore) non sia assolutamente collegata ai soli macro-indicatori di stampo economico.