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economia

Quante morti premature in meno avremmo se abbattessimo davvero le emissioni?

 

 

Un recente articolo apparso su The Lancet Planetary Health  ha stimato maggiori oneri di mortalità prevenibili per PM2 5 e NO2 rispetto alle precedenti valutazioni condotte a livello europeo. I ricercatori hanno calcolato che una percentuale considerevole di morti premature in oltre 1.000 città europee potrebbe essere evitata ogni anno riducendo le concentrazioni di inquinamento atmosferico, in particolare portandole al di sotto delle linee guida dell’OMS.

Se le città si conformassero alle linee guida dell’OMS sull’inquinamento atmosferico si potrebbero prevenire 51.213 decessi all’anno per l’esposizione a PM2,5 e 900 decessi all’anno per quella a NO2.  La riduzione dell’inquinamento atmosferico alle concentrazioni più basse, cioè fare meglio delle linee guida OMS, potrebbe addirittura prevenire 124.729 decessi l’anno per l’esposizione a PM2,5 e 79.435 morti all’anno per l’esposizione a NO2.

 

Inutile dire che le città padane sono fra le peggiori d’Europa, ma anche quelle che beneficerebbero maggiormente della riduzione di inquinanti atmosferici. Il più alto carico di mortalità per PM2.5 è stato stimato in Italia settentrionale, Polonia e Repubblica Ceca, confermando trend ben noti da decenni, come mostra annualmente l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA).

Prendiamo lo scenario delle attuali linee guida OMS. Bergamo, Vicenza, Saronno e Brescia sono risultate le prime due città con il carico più elevato di mortalità da esposizione a PM2.5 che potrebbe essere evitata. Poi troviamo Karviná (Repubblica Ceca), Górnośląsko-Zagłębiowska Metropolia (Polonia), Ostrava (Repubblica Ceca), Jastrzębie-Zdrój (Polonia), Rybnik (Polonia) e Havirov (Repubblica Ceca).

Siamo in vetta anche per l’impatto evitabile della mortalità prematura da esposizione da NO2. Al primo posto troviamo Madrid (Spagna), al secondo Anversa (Belgio), al terzo Parigi (Francia), al quarto Torino (Italia), al quinto Milano (Italia), al sesto Barcellona (Spagna), al settimo Mollet del Vallès (Spagna), all’ottavo Bruxelles (Belgio), al nono Argenteuil – Bezons (Francia) e  al decimo Herne (Germania). Grosso modo le “classifiche” sono simili anche considerando lo scenario dove le emissioni sono migliori rispetto ai desiderata delle linee guida OMS.

Rispetto quindi agli studi precedenti pubblicati sul tema, la mortalità prevenibile media stimata per PM2.5 è risultata superiore. L’EEA aveva stimato una media di 74 decessi per 100.000 abitanti tra i paesi dell’UE28 per l’anno 2017, pari al 7% della mortalità prematura annuale. Questa analisi invece parla di 99 decessi per 100.000 abitanti, pari all’8% della mortalità prematura annua, che mostra un maggiore carico di mortalità da PM2 5 nelle aree urbane.

Le attuali linee guida  – concludono gli autori – dovrebbero essere riviste e le concentrazioni di inquinamento atmosferico dovrebbero essere ulteriormente ridotte per ottenere una maggiore protezione della salute nelle città.

Aver ragionato sulle città e non sui paesi è un fattore importante. Questo studio analizza i dati ambientali e sanitari su aree geografiche molto dettagliate, includendo i tassi di mortalità per città, in particolare nella parte orientale Europea dove le ricerche scarseggiano. La maggior parte della letteratura dettaglia le esposizioni a livello globale o nazionale, ma a questo livello di analisi abbiamo poche indicazioni su dove le azioni sono più urgenti per ridurre gli effetti negativi sulla salute associati a inquinamento dell’aria. Ragionando a livello nazionale traiamo quindi conclusioni affrettate. Il nostro paese per esempio nel suo complesso non mostra un altissimo carico di mortalità per esposizione a PM2.5, ma se guardiamo alle città dell’Italia settentrionale le cose, appunto, cambiano.

Le città ospitano il 72% della popolazione europea e offrono una buona opportunità per il cambiamento delle politiche grazie alla responsabilità locale diretta, una migliore reattività rispetto ai governi nazionali e azioni più rapide rispetto ai governi nazionali. Inoltre, le città sono spesso hotspot per l’inquinamento atmosferico. Prendiamo per esempio il traffico motorizzato. In Europa, il contributo del traffico alle concentrazioni di PM2.5 nelle aree urbane rappresenta il 14% delle concentrazioni totali di PM2.5 urbano , salendo al 39% per determinate città. Il traffico rappresenta inoltre il 47% delle concentrazioni di NO2 nelle aree metropolitane, arrivando al 70% in alcune città.