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cronaca

In Italia abbiamo il più alto tasso di over 65. Come stanno i nostri anziani?

Stando ai più recenti dati Eurostat  l’Italia è il paese con il più alto tasso di over 65 rispetto alla popolazione di età compresa fra i 15 e i 64 anni.

Il 35% degli italiani nel 2017 ha più di 65 anni, cinque punti percentuali sopra rispetto alla media europea. Complessivamente in 20 anni la percentuale di europei anziani è passata dal rappresentare il 22.5% della popolazione, al 30%.

La notizia è positiva, perché significa che gli italiani hanno un’aspettativa di vita alta, dato confermato in più occasioni. Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che si tratta di un esercito di persone, molte delle quali fanno fatica a prendersi cura di sé e a eseguire le attività quotidiane di base, come evidenziano i dati raccolti nell’ultimo rapporto annuale di OsservaSalute , che raccontano come stanno quelle persone che a causa di problemi di salute, convivono con delle limitazioni gravi e non gravi nelle proprie attività quotidiane, che durano da almeno 6 mesi. Si tratta di persone che vivono in famiglia (sono state intervistate 16 mila famiglie), sono quindi esclusi gli ospiti presso strutture sanitarie o simili.

Quali sono le difficoltà

Il 9% degli over 65 intervistati (uno su dieci) ha difficoltà a vedere, il 19% (uno su quattro) a sentire, il 35% (uno su 3) a camminare per più di 500 metri, e sempre uno su tre non riesce a salire o scendere una rampa di scale.

Un over 65 su 10 fra chi ha una qualche limitazione, precisamente l’11,2% di loro, ha molta difficoltà o non è in grado di svolgere le attività quotidiane di cura della persona senza ricevere alcun aiuto, quali mangiare da soli anche tagliando il cibo, sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia, vestirsi e spogliarsi e usare i servizi igienici, fare il bagno o la doccia. La percentuale di persone non autonome in queste attività si attestano al 3,2% tra gli anziani di età 65-74 anni, al 12,0% tra quelli della classe di età 75-84 e al 36,2% tra gli ultra 85enni.

Qui emerge il gap fra nord e sud: nel Meridione il 14% degli over 65 con limitazioni dichiara di avere difficoltà nella cura della propria persona, contro il 9% del nord e il 12,7% del centro.

Nel dettaglio, in Calabria, in Puglia e in Umbria, Abruzzo e Sardegna questa percentuale supera il 25%, mentre rimane intorno al 15% in Veneto (ha difficoltà nella cura di sé il 13,6% degli over 65), in Valle d’Aosta (10%), in Piemonte (15,5%) e nella Provincia Autonoma di Trento (16%).

Per quanto riguarda invece le attività domestiche di base al di là della cura della persona, ben il 30,3% degli ultra 75enni ha molta difficoltà o non è in grado di usare il telefono, di assumere autonomamente le proprie medicine e di gestire le risorse economiche, preparare i pasti, fare la spesa, svolgere attività domestiche leggere e svolgere occasionalmente attività domestiche pesanti. Sono difficoltà che riguardano il 13% dei 65-74 anni, il 38,0% dei 75-84 anni e addirittura sette ultra 85enni su dieci.

Dolore fisico e malessere psicologico

Un aspetto spesso poco trattato è quello del dolore fisico, che riguarda il 56% degli italiani con più di 65 anni che hanno una qualche forma di limitazione. Questa percentuale di persone dichiara un dolore da moderato a molto forte. Fra chi non ha queste limitazioni, soffre di dolore fisico il 16,2% degli over 65. Circa il 20% degli over 65 con limitazioni invece dichiara di convivere con un disturbo depressivo, più o meno grave.

Chi ha più bisogni, ha meno supporto

Il paradosso è che chi fra gli over 65 ha questo tipo di limitazioni nelle attività quotidiane può contare in realtà su un minor supporto sociale rispetto alle persone di pari età senza limitazioni. Considerato che quasi il 100% degli over 65 italiani riceve un qualche aiuto, anche solo da parte dei familiari, fra chi ha limitazioni la fetta di chi riceve un supporto debole è maggiore rispetto gli over 65 sani, mentre è minore la percentuale di chi riceve un aiuto forte nelle attività quotidiane.

Dichiara di ricevere un forte supporto sociale il 25,3% delle persone con limitazioni – una persona su quattro – contro il 26,7% delle persone senza limitazioni. A questi si aggiunge un altro 53,8% di persone che percepisce un livello di supporto sociale intermedio, contro il 56,9% delle persone senza limitazioni.

Le differenze regionali sono comunque molto forti. In Umbria il 41% degli over 65 con limitazioni riceve un supporto forte. Segue la provincia autonoma di Trento con un 34,6%, Bolzano con un 32% e la Calabria con un 31% di queste persone fortemente aiutate nelle loro attività quotidiane. In diverse altre regioni non si arriva nemmeno al 20%: Marche, Lazio, Puglia e Valle d’Aosta.

Ultimi commenti
  • Sara v |

    Io sono piuttosto giovane e mi rendo conto molto bene di cosa comporta il mantenimento di più di un’anziano a famiglia: per quanto non manchi l’assistenza pubblica sono comunque scoperte tutte le esigenze quotidiane più semplici dall’assistenza al mangiare, al bere al dormire, fino alla somministrazione di medicinali. Di tutto questo si fanno carico e si prendono la responsabilità non tutta la famiglia ma sempre meno famigliari dato che per esigenze lavorative e scelte di vita stanno scomparendo i nuclei famigliari di una volta. Oggi contano come famiglie due coniugi soli, una madre o un padre solo con un figlio ma hanno lo stesso carico di altri nuclei di oltre quattro persone. Il che comporta sacrifici economici che erodono i risparmi delle famiglie italiane e renderanno necessariamente le genezioni future più povere ed indebitate. Anche a chi non dovesse interessare personalmente dovrebbe preoccupare che, senza tali risorse anche l’imprenditorialità ne viene a soffrire: con i grossi rischi d’impresa le banche saranno restie a finanziare i nuovi imprenditori e questi non potranno contare sui patrimoni famigliari dato che saranno già stati dilapidati per l’assistenza agli anziani e il sostentamento dei figli, che faticheranno sempre più a mantenersi con un lavoro precario. Insomma anche gli istituti di credito oltre che lo stato stesso ci rimetteranno perchè le banche 1- presteranno denario a famiglie che saranno sempre più incapaci di restituilo 2- senza nuove imprese o famiglie capaci di mantenere aperti il business, il pil italiano cadrà sempre e comunque e il debito italiano stesso potrebbe rischiare l’insolvibilità. Pertanto lo stato taglierebbe gli stipendi pubblici e le pensioni a ulteriore danno della capacità di spesa delle famiglie, che eroderanno ancora i risparmi e fanno debiti e cosi via verso il disastro.
    Vorrei sperare che la nostra salvezza sarà nel ritorno all’agricoltura ma almeno il nord italia è cementato fino all’osso. Quindi aspetto con curiosità le proposte dell’esecutivo, di qualsiasi esecutivo perchè sarebbe almeno bene parlarne.

  • Sara v |

    Io sono piuttosto giovane e mi rendo conto molto bene di cosa comporta il mantenimento di più di un’anziano a famiglia: per quanto non manchi l’assistenza pubblica sono comunque scoperte tutte le esigenze quotidiane più semplici dall’assistenza al mangiare, al bere al dormire, fino alla somministrazione di medicinali. Di tutto questo si fanno carico e si prendono la responsabilità non tutta la famiglia ma sempre meno famigliari dato che per esigenze lavorative e scelte di vita stanno scomparendo i nuclei famigliari di una volta. Oggi contano come famiglie due coniugi soli, una madre o un padre solo con un figlio ma hanno lo stesso carico di altri nuclei di oltre quattro persone. Il che comporta sacrifici economici che erodono i risparmi delle famiglie italiane e renderanno necessariamente le genezioni future più povere ed indebitate. Anche a chi non dovesse interessare personalmente dovrebbe preoccupare che, senza tali risorse anche l’imprenditorialità ne viene a soffrire: con i grossi rischi d’impresa le banche saranno restie a finanziare i nuovi imprenditori e questi non potranno contare sui patrimoni famigliari dato che saranno già stati dilapidati per l’assistenza agli anziani e il sostentamento dei figli, che faticheranno sempre più a mantenersi con un lavoro precario. Insomma anche gli istituti di credito oltre che lo stato stesso ci rimetteranno perchè le banche 1- presteranno denario a famiglie che saranno sempre più incapaci di restituilo 2- senza nuove imprese o famiglie capaci di mantenere aperti il business, il pil italiano cadrà sempre e comunque e il debito italiano stesso potrebbe rischiare l’insolvibilità. Pertanto lo stato taglierebbe gli stipendi pubblici e le pensioni a ulteriore danno della capacità di spesa delle famiglie, che eroderanno ancora i risparmi e fanno debiti e cosi via verso il disastro.
    Vorrei sperare che la nostra salvezza sarà nel ritorno all’agricoltura ma almeno il nord italia è cementato fino all’osso. Quindi aspetto con curiosità le proposte dell’esecutivo, di qualsiasi esecutivo perchè sarebbe almeno bene parlarne.

  • Gianfranco |

    Però in Giappone non è come dice lei. Si tenga conto della silver economy e dei problemi biodemografici sollevati dall’ Africa

  • Gianfranco |

    Però in Giappone non è come dice lei. Si tenga conto della silver economy e dei problemi biodemografici sollevati dall’ Africa

  • giuseppe |

    Ho 73 anni faccio il manager, ho naturalmente qualche acciacco (ipertensione) tenuto sotto controllo, faccio attività fisica moderata come palestra e montain bike d’estate e sci d’inverno camminate in montagna ecc. Penso che uno corretto stile di vita possa contribuire ad affrontare la terza età in modo accettabile

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