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tecnologia

Il Matthew effect sulla disuguaglianza delle economie digitali. Il caso Italia

Il Global Connectivity Index (GCI) di Huawei è uno studio che vuole mostrare come i paesi stanno progredendo con la trasformazione digitale. Il rapporto giunto alla sua quarta edizione è basato su 40 indicatori unici che coprono cinque tecnologie: banda larga, data center, cloud, Big data e Internet delle cose. L’investimento in queste cinque tecnologie chiave, secondo Huawei che ricordiamo di mestiere produce apparati di rete e ultimamente smartphone, consente ai paesi di rendere digitali le proprie economie.  Secondo GCI 2017, il progresso globale verso un’economia digitale sta accelerando. Il punteggio di GCI del mondo è aumentato di quattro punti percentuali dal 2015. E quindi, si legge nella nota, le tlc sono diventate un motore di crescita economica.

Ma andiamo più in profondità. Dei 50 paesi analizzati, 16 sono considerati Frontrunners, 21 sono Adopters, mentre i restanti 13 sono Starter.

Per Frontrunners si intendono i Paesi con Pil medio pro capite di 50mila dollari (USA, Singapore e Svezia nei primi 3 posti. Fanno parte di questa categoria le economie più sviluppate che continuano a investire sull’esperienza digitale degli utenti, utilizzando sempre di più soluzioni Big Data e IoT, Nella categoria Adopters (Pil medio pro capite di 15mila dollari): fanno parte di questa categoria le nazioni che si stanno concentrando sulla crescente domanda ICT per supportare la digitalizzazione dell’industria e supportare una crescita economica rilevante grazie alle nuove tecnologie. L’Italia è in questa fascia, posizionata al 21esimo posto davanti al Qatar e dietro la Repubblica Ceca. Starters (Pil pro capite medio di tremila dollari): fanno parte di questa categoria le Nazioni che stanno cominciando a sviluppare infrastrutture Ict innovative, con l’obiettivo di garantire a più persone possibili l’accesso al digitale nei prossimi anni

“Il divario digitale diventa un abisso digitale”.

“Prendendo in esame i dati forniti dal GCI in tre anni consecutivi, notiamo una crescente diseguaglianza, una versione ICT del ‘Matthew Effect’, la teoria sociologica secondo cui ‘I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”. La teoria suggerisce che gruppi o individui che dispongono di un vantaggio accumulato nel tempo non solo raggiungono il successo, ma utilizzano il proprio vantaggio per allontanare sempre più i propri competitor. Gli enti garanti delle policy devono riconoscere che questo digital divide si sta allargando e impatterà ogni settore dell’economia e della società. Le nazioni che non sono in grado di costruire una crescita economica stabile potrebbero anche avere difficoltà nel sostenere, educare e offrire opportunità di lavoro ai loro cittadini”, riporta la ricerca.   Facendo leva su tecnologie Cloud, Big Data e IoT, i paesi Frontrunners hanno conseguito un aumento di 4.7 punti GCI dal 2015 al 2017. Gli Adopter hanno evidenziato un aumento di  4.5 punti, mentre gli Starter si trovano in posizione arretrata, e registrano scarsa competitività nell’Economia Digitale, con un miglioramento di soli 2.4 punti GCI.

 

Le aree dove la diseguaglianza tra cluster è più evidente sono la banda larga mobile, la forza lavoro IT pro capite, l’investimento in ICT rapportato al PIL, il download di app e le basi IoT installate pro capite. Da sottolineare che la crescita di 1 punto nel punteggio GCI equivale a un aumento del 2.1% in competitività, del 2.2% in innovazione nazionale e del 2.3% in produttività.    

 

Secondo gli autori del rapporto il GCI 2017 ha confermato quindi che l’esistenza di una correlazione tra investimenti in ICT e crescita del PIL è stata generalmente accettata da Governi e industrie. Esaminando i dati grazie a numerosi modelli di previsione economica, lo studio evidenzia che una nazione che ha investito circa il 10% in tecnologie e infrastrutture innovative ICT negli anni tra il 2017 e il 2025 ne trarrà importanti benefici. Come riportato nella ricerca, “Utilizzando questo modello di impatto economico scopriamo che ogni ulteriore dollaro di investimenti in infrastrutture ICT potrebbe portare un ritorno di circa 3 dollari sul PIL dello stesso anno, 3,70 dollari nel 2020 e circa 5 dollari nel 2025”.

 

Come ne esce l’Italia?

L’italia quest’anno guadagna una posizione rispetto al 2016. Qui trovi link specifico alla sezione dell’Italia da cui puoi anche comparare altri due paesi con l’Italia. Questo miglioramento nella classifica, si legge nella nota, è dovuto alla crescita su scala globale dell’esperienza utente in termini di data center, servizi cloud e analisi di Big Data. L’Italia ha, inoltre, uno dei più elevati indici di utilizzo di dispositivi mobili al mondo ed è un ambiente dinamico per la creazione di nuove start-up. In parallelo, l’Italia sta rinnovando la propria infrastruttura digitale in settori strategici (ad esempio i trasporti), sta sviluppando un modello strategico per l’evoluzione del sistema informativo pubblico e ha avviato un piano digitale per la scuola e l’istruzione. L’Italia deve però anche affrontare il problema legato alle competenze digitali della forza lavoro; infatti solo la metà della popolazione non ha un’adeguata formazione in ambito digitale e questo può rappresentare un ostacolo importante allo sviluppo economico del Paese, insieme al fatto che vi è una bassa percentuale di lauree in materie scientifiche (STEM – scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

Per comparare gli indicatori del Gci dell’Italia con gli altri paesi cliccare qui.

Articolo pubblicato in aprile 2017