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finanza

Startup non c'è il boom. Nei primi sei mesi raccolta a 35 milioni di euro

Sarò molto più lenta del previsto la crescita del mercato italiano del capital venture. C’è poco da fare.  Nonostante gli entusiasmi dei mesi scorsi secondo Aifi (Associazione italiana del private equity e venture capital che oggi ha diffuso i dati relativi ai primi sei mesi dell’anno) il segmento seed/startup è passato da 20 milioni a 35 milioni di euro. Il progresso è sì significativo +77% ma siamo lontani dai 100 milioni di euro di cui si è tanto favoleggiato tra gli addetti al lavoro. A trainare il mercato, è il caso di dirlo, sono però alcune grandi operazioni. Il turnaround segna 3 operazioni mentre 7 sono i deal del comparto infrastrutture. Ma vediamo l’andamento storico.

L’anno d’oro si conferma il 2012, anno che coincide con la “messa a terra” della normativa sulle startup innovative. Dai 135 milioni di quell’anno si è passati agli 83 del 2014 per poi risalire ai 74 del 2015 nel momento di massima orgia marketing legata al mondo delle startup. Più nello specifico per il 2015 si parla di un totale di appena 122 operazioni e 74 milioni di euro destinati ad aziende in fase di early stage. Già allora un bilancio magro rispetto alla media europea, sia nella quantità che nell’intensità degli investimenti veicolati dai venture capitalist. Per farsi un’idea: solo tra 2012 e 2014 la Francia ha riservato alle imprese innovative 1,7 miliardi di euro, il Regno Unito 1,8 miliardi, la Germania quasi 2 miliardi. L’Italia si è fermata a 259 milioni, a conferma di un ritardo che viene da lontano: per raggiungere gli 1,8 miliardi di euro cumulati dalla Gran Bretagna in un biennio, il nostro paese ha impiegato 15 anni (2000-2015).
Quanto ai settori che quest’anno sono stati riclassificati per conformità con la raccolta di dati europea, è sempre l’Ict a recitare la parte del leone con 21 operazione di investimento (sempre nei primi sei mesi) nove (sanità) e otto (biotecnologie). Questi numeri ci dicono che nonostante tutto continuiamo a sognare in digitale. Il che spiega anche l’importo più basso del venture capital per questo settore (se scegli le tecnologie e non vivi in Silicon Valley per convincere un investitore devi avere idea, prodotto e servizio a prova di bomba).  Da rilevare però la crescita della voce sanità una dei volani più luminosi di innovazione e biotecnologie dove l’Italia ha ancora buone carte da spendere.