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politica

Scuola, perché parlare di inclusione se mancano gli insegnanti di sostegno?

È notizia recente che il Governo ha tagliato i fondi alla scuola a partire dal 2020. Si parla di oltre quattro miliardi di tagli in tre anni, fra cui risorse destinate al sostegno degli alunni in difficoltà. Eppure (dati Istat appena pubblicati) solo una scuola su tre e una su quattro al sud è a norma per quanto riguarda le barriere architettoniche. Inoltre, il 36% degli insegnanti per il sostegno viene selezionato dalle liste curriculari, cioè liste degli insegnanti destinati all’intero gruppo classe, non formati per il sostegno, dal momento che la graduatoria degli insegnanti specializzati per il sostegno non è sufficiente a soddisfare la domanda.

Non dobbiamo essere tratti in inganno dal dato complessivo positivo, e cioè che il rapporto è di 1,5 ragazzi per insegnante di sostegno, in linea con le raccomandazioni ministeriali, che fissano la soglia di 2 ragazzi per insegnante. La realtà dei fatti è che non tutti questi insegnanti di sostegno sono formati in modo idoneo, perché le persone specializzate non sono abbastanza. In altre parole alcuni bambini hanno insegnanti specializzati e altri no.

Un insegnante di sostegno per portare davvero un apporto positivo al bambino deve essere competente. Non ci si improvvisa insegnanti di sostegno. Eppure nel 13% delle scuole italiane nessun insegnante per il sostegno ha frequentato un corso specifico nel corso dell’ultimo anno scolastico, nel 61% delle scuole lo hanno fatto soltanto alcuni di essi, e solo nel 26% delle scuole tutti gli insegnanti di sostegno hanno fatto almeno un corso di formazione.

Quando si parla di “specializzazione” si fa riferimento anche alla didattica inclusiva, che utilizza per esempio la tecnologia per l’apprendimento. Eppure, solo nella metà delle scuole italiane tutti gli insegnanti sono in grado di utilizzare la tecnologia a supporto della didattica inclusiva.

Nell’anno scolastico 2017-18 il 63% delle scuole non è dotata di ascensore, una scuola su tre non ha un bagno a norma, il 23% non è provvista di rampe esterne o servoscala. Tuttavia, solo nell’11% dei plessi scolastici sono stati effettuati, nel corso dell’anno, lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche.

Eppure gli alunni con sostegno sono sempre di più: 165.260 nell’anno scolastico 2017-18, il 3,7% degli alunni complessivi, con un aumento del 27 solo negli ultimi dieci anni e nel 70% dei casi sono maschi. Ci sono infatti 213 alunni maschi con sostegno ogni 100 femmine.

Se andiamo a vedere nel dettaglio il tipo di difficoltà, nel 45% dei casi si tratta di disabilità intellettiva, nel 25% ritardo nello sviluppo, nel 20% un ritardo nell’apprendimento, nel 16% un disturbo dell’attenzione e del comportamento, nel 15% dei casi un problema relazionale, e in misura minore deficit prettamente fisici. È interessante osservare che nel 22% dei casi gli insegnanti di sostegno non sono stati in grado di specificare il tipo di problema del ragazzo. A essere cresciuta maggiormente è la quota di alunni con disturbo dello sviluppo, che negli ultimi 5 anni è quasi raddoppiata. Siamo passati da poco più di 22 mila diagnosi nell’anno scolastico 2013/2014 a oltre 43 mila nell’anno scolastico 2017/2018, in linea – spiega Istat – con quanto rilevato dagli studi epidemiologici internazionali.

Qualcosa negli ultimi tempi si è provato a fare, ma non sembra sia sufficiente per venire davvero incontro alle famiglie. Negli ultimi cinque anni il numero le ore di sostegno settimanali è aumentato del 14%, per un totale di 1,7 ore in più in media (2,2 ore in più a settimana nelle regioni del centro e 1,3 ore in più a Sud). Eppure, il 5% delle famiglie degli alunni con sostegno analizzato da Istat ha presentato ricorso al Tribunale civile o al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), ritenendo l’assegnazione delle ore non idonea a soddisfare il bisogno dell’alunno.