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politica

Che fine ha fatto il Pd? i numeri della crisi delle socialdemocrazie dal 1990 ad oggi

Il voto italiano del 4 marzo si aggiunge al complicato puzzle europeo, lasciandoci in eredità la conferma di una tendenza che è andata rivelandosi elezione per elezione. I partiti socialisti e socialdemocratici europei stanno vivendo un lento declino. La sinistra italiana, o quel che ne resta, si è adeguata. Esaurito l’effetto Renzi, che aveva portato il Partito Democratico, ancora a ranghi completi, al 40% delle europee 2014, i democratici sono sprofondati al 18.8%. Il peggior risultato della breve storia del PD.

Il calo è reale? Il declino inesorabile? Osserviamo i dati.
Il grafico sottostante mostra le percentuali ottenute dai maggiori partiti di sinistra in Europa, dal 1990 al 2018. Le etichette visualizzate rappresentano la percentuale minima e massima ottenuta nel periodo preso in esame. Per ogni partito due trend line mostrano i risultati nel tempo: linea grigia per le elezioni generali, linea blu per le elezioni europee. I pallini colorati si riferiscono alle ultime elezioni. Un pallino verde indica una crescita rispetto alle elezioni precedenti. Al contrario un pallino rosso simboleggia una decrescita.

 

Il declino nel cuore dell’Europa
Il primo avvertimento si è registrato nel 2015. Il Movimento Socialista Panellenico, conosciuto anche come Pasok, d’ispirazione socialdemocratica e socialiberalista, sprofonda al 4.7%, distante anni luce dal 47.1% ottenuto nel 1993. Poi è stata la volta dei Paesi Bassi e del Partito del Lavoro (Partij Van De Arbeid), principale partito politico olandese di centro-sinistra, espressione del pensiero socialdemocratico moderato. Alle elezioni del 2017 il partito subisce un fortissimo calo ottenendo il 5,7% dei voti (- 19,1%) e solo 9 seggi alla Camera.
Il terremoto che ha sconvolto l’Europa socialista e socialdemocratica non si è però fermato qui. In Francia il Partito Socialista aveva già mostrato scricchiolii dopo la presidenza Hollande. Alle presidenziali francesi del 2017 il candidato Benoît Hamon scese al 6.44%, minimo storico dal 1969. Le elezioni politiche hanno confermato il crollo. Il PS francese si è infatti fermato al 7.4% al primo turno e al 5.7% al secondo.
Tra i partiti presi in esame, anche in Germania l’SPD risulta in calo del 20.2% rispetto alle precedenti elezioni. Il segretario Martin Schultz ha ottenuto il 20.5% dei voti. Il partito rimane al governo, dopo l’approvazione di una nuova edizione della Grosse Koalition, con la Cdu/Csu di Angela Merkel. Mentre in Europa la famiglia socialista non è più al governo in diversi stati membri, come capitato anche nel nostro paese.
E l’Italia?
Come le ultime elezioni ci hanno confermato, lo stivale non è immune dalla crisi che la sinistra europea sta vivendo. Nell’animazione possiamo ripercorrere la storia della elezioni italiane, soffermandoci sul partito egemone della sinistra al tempo dell’elezione. Una storia che, al contrario di molte nazioni europee, non comincia con un partito socialdemocratico, ma con il Partito Comunista d’Italia, poi Partito Comunista Italiano.


Cosa ci racconta questa grafica? Il Partito Comunista, dopo l’esordio del 1946 al 18.9%, si è sempre mantenuto sopra la soglia del 20%, superando in 10 occasioni il 25%, sforando il 30% in 3 diverse elezioni. Dopo l’esperienza dei Democratici di Sinistra e, successivamente, dell’Ulivo, il Partito Democratico, su posizioni ovviamente più moderate, è riuscito a riportare percentuali simili a quelle raggiunte a sinistra prima della svolta della Bolognina da un partito unico (senza dunque considerare la coalizione dell’Ulivo).
Mentre il trend del Partito Comunista è sostanzialmente in crescita per tutto il periodo di vita del soggetto politico, il Partito Democratico ha vissuto una stagione che lo ha portato gradualmente a diminuire le proprie percentuali. Nonostante lo storico 40% ottenuto alle europee, sotto l’effetto del primo Renzi. Non considerando la tornata elettorale del 2014 il trend è ancora più evidente. Nel giro di 4 anni il PD è passato dal suo massimo storico (e massimo storico per un partito della sinistra italiana), al suo minimo storico, con una discesa del 26.2%. Difficile dire se sia un record storico a livello europeo, lo è certamente per quanto riguarda la sinistra italiana. Per tempistiche e valore percentuale della discesa. Il dato rimane incontrovertibile e pane per analisi politiche.
A rischio estinzione? La tendenza è costante in tutta Europa? Possiamo dire di no. In un quadro abbastanza cupo splende qualche raggio di sole nel mondo socialista e socialdemocratico. In Gran Bretagna si registra il risveglio del Partito Laburista. Le elezioni dell’8 giugno 2017 sembravano uno scoglio insormontabile, visto che i conservatori partivano da un vantaggio di 20 punti sul Labour. Corbyn è però riuscito a recuperare, ottenendo 262 seggi, guadagnandone più di 30, con il 40% dei voti. Il massimo dal 2001. In controtendenza anche il Partido Socialista Obrero Español. Alle ultime Elezioni generali, tenutesi il 20 dicembre 2015, il PSOE guidato da Sánchez ha raggiunto il 22.7% dei voti. Il Partito Popolare del Capo del Governo uscente, Mariano Rajoy, ha però ottenuto premio di maggioranza e l’incarico di formare il Governo, grazie al 28.7% dei voti. Il PSOE ha comunque registrato un +3% rispetto alle elezioni precedenti. Gli ultimi avvenimenti hanno addirittura portato alle dimissioni di Rajoy. Sanchez, che aveva presentato al Congresso dei Deputati una mozione di sfiducia contro il premier uscente, ha così riportato il PSOE al potere dopo quasi sette anni di governo di centro-destra.

Il declino è dunque reale? I dati ci dicono di si. Anche i casi più positivi, in Gran Bretagna e Spagna, nascono comunque dopo un periodo negativo. Il PSOE, seppure in risalita, viene dal 44.4% del 2008. In 10 anni sono stati persi circa 20 punti percentuali. Il Partito Laburista attraversa invece un reale periodo di crescita nell’ultimo decennio. Alle elezioni amministrative del 2008, il Labour perse moltissimi consensi, diventando addirittura il terzo partito britannico, superato dai liberaldemocratici, a fronte della crescita del partito conservatore. Da allora il trend mostra un’effettiva crescita.
I dati ci raccontano una socialdemocrazia in fase di crisi che, secondi gli esperti, potrebbe durare una generazione. Quale sia la soluzione è invece una domanda ancora senza risposta, sebbene alcuni osservatori sostengano che le stesse scosse globali che hanno scatenato la crisi del centrosinistra potrebbero anche dimostrarne il valore come forza politica.

Ultimi commenti
  • Paolo Cola |

    Chiaramente il PSI ha espresso un solo Presidente, Sandro Pertini, mentre il PSDI Giuseppe Saragat. Tutti e due SOCIALISTI. Scusate se è poco.

  • Paolo Cola |

    Chiaramente il PSI ha espresso un solo Presidente, Sandro Pertini, mentre il PSDI Giuseppe Saragat. Tutti e due SOCIALISTI. Scusate se è poco.

  • Vincenzo Iacovissi |

    Articolo molto approfondito e condivisibile nell’analisi. Tuttavia mi preme sottolineare che le valutazioni delle performance della sinistra italiana tra il 1946 e il 1992 non contemplano minimamente la seconda forza politica di quel campo, il Partito Socialista Italiano che ha oscillato dal 20% del 46 al 13,6% del 92, con picchi del 14,5% nel 58 e 14,3 dell’87, e un minimo storico del 76 con il 9,6. Ecco ritengo che sommando queste percentuali, quasi sempre a due cifre, a quelle del PCI (Che fino all’89 era estraneo all’Internazionale socialista) i risultati assumerebebro un diverso tenore. Concludo aggiungendo che i voti della famiglia socialista furono intercettati, sempre fino al 92, anche dal PSDI di Saragat con picchi del 7,1 nel 48 e 6,3 nel 63 e poi stabilmente tra il 2-4%. Auspicando una rettifica, invio i migliori saluti.

  • Vincenzo Iacovissi |

    Articolo molto approfondito e condivisibile nell’analisi. Tuttavia mi preme sottolineare che le valutazioni delle performance della sinistra italiana tra il 1946 e il 1992 non contemplano minimamente la seconda forza politica di quel campo, il Partito Socialista Italiano che ha oscillato dal 20% del 46 al 13,6% del 92, con picchi del 14,5% nel 58 e 14,3 dell’87, e un minimo storico del 76 con il 9,6. Ecco ritengo che sommando queste percentuali, quasi sempre a due cifre, a quelle del PCI (Che fino all’89 era estraneo all’Internazionale socialista) i risultati assumerebebro un diverso tenore. Concludo aggiungendo che i voti della famiglia socialista furono intercettati, sempre fino al 92, anche dal PSDI di Saragat con picchi del 7,1 nel 48 e 6,3 nel 63 e poi stabilmente tra il 2-4%. Auspicando una rettifica, invio i migliori saluti.

  • Paolo Cola |

    Scusate, ma siete a conoscenza che in Italia è esistito il Partito Socialista Italiano ed altri partiti minori, sempre social democratici? Ma come diavolo si può affermare che in Italia la storia della sinistra nasca solo dal PCI? Il PSI ha governato per buona parte della metà del secolo scorso, è stato tra i fondatori del PSE ed ha espresso cariche altissime tra le quali 2 presidenti della Repubblica (di cui uno del Psdi) ed un Premier, arrivando al 15%. Comunque su Wikipedia c’è scritto tutto.
    Mi auguro che corteggiate l’articolo, tra l’altro ottimo.

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