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Startup: boom globale del fintech ma l’Italia resta sempre in ritardo

Chi sono, quante sono e quanto valgono le startup del fintech? Sono 750 quelle nate negli ultimi sei anni e che registrano una raccolta di finanziamenti pari a 26,5 miliardi di dollari. A scattare la fotografia è l’osservatorio Digital Finance del Politecnico di Milano.
L’indagine rivela come la categoria più numerosa tra le startup sia quella dei servizi di banking: nel comparto pesano per il 58% e quelle lending & financing movimentano 16 miliardi di dollari. A seguire col 21% si posizionano le startup legate ai servizi di investimento e col 17% quelle su altri servizi finanziari. C’è poi la forza della disintermediazione tra struttura e utente finale maggiormente alfabetizzato al digitale: il 96% delle startup fintech si rivolge direttamente al consumatore o ad un’azienda non finanziaria.
Tuttavia si tratta di un numero ancora esiguo di soggetti e di capitale attratto, seppure in crescita rispetto al passato. Anche se queste realtà iniziano ad incidere maggiormente nelle politiche di business dei colossi tradizionali. Perché, seppur percepite ancora come competitor, si sperimentano dinamiche di collaborazione, soprattutto per ciò che attiene ai servizi finanziari in mobilità. «Molti player, incubatori e acceleratori stanno investendo, arrivando ad integrare fintech indipendenti che iniziano ad entrare in relazione col mercato tradizionale. Nessuno da solo ce la può fare e occorre mettere a sistema competenze e tecnologie. Le fintech nascono proprio da queste necessità di complementarietà», afferma Marco Giorgino, responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital Finance del Politecnico di Milano.
C’è poi il capitolo dei dati, dall’estrazione all’utilizzo. Un prato verde che però oggi risulta poco utilizzato. E anche se l’intelligenza artificiale renderebbe più efficienti i processi di investimento, solo il 18% degli istituti tradizionali utilizza strumenti digitali avanzati.
Dal contesto globale — con le eccellenze anglosassoni, asiatiche e dei Paesi scandinavi — all’Italia. Le vendite delle fintech italiane sono diminuite del 59,2% tra il 2015 e il 2016, ma sembrano destinate ad un interessante balzo in avanti quest’anno. L’ecosistema nostrano ha registrato una crescita costante, con una media di 12 nuove società formate ogni anno, secondo gli analisti inglesi di Fintech Global. E questa prima parte dell’anno ha registrato investimenti per 34 milioni di dollari in società italiane.
«Il mercato è in costante evoluzione perché stanno entrando attori innovativi, ma il sistema italiano non è ancora pronto a cogliere i grandi cambiamenti in corso e non è allineato con quanto sta accadendo in altri Paesi. I ritardi sono legati allo stato degli operatori che alimentano l’offerta con investimenti in IT finalizzati a manutenere più i sistemi attuali che ad innovare con nuovi. Anche se alcune banche risultano piuttosto attive», precisa Giorgino.
L’ecosistema nostrano è comunque in fermento, animato da nuove soluzioni soprattutto nei servizi digitali che stanno di fatto tirando la volata. È il caso di Satispay, la startup italiana che sta contribuendo a rivoluzionare il settore dei pagamenti elettronici grazie ad un sistema mobile payment e protagonista della chiusura di un terzo round di investimenti pari a 18,3 milioni di euro (si legga l’articolo sotto). Ma si distingue anche Moneyfarm, oggi realtà internazionale di gestione del risparmio guidata da Paolo Galvani e Giovanni Daprà. La società conta un team di 90 professionisti e oltre 150.000 utenti attivi. E poi c’è quell’idea che ha scalato i confini nazionali, arrivando ad essere raccontata sulle colonne del Financial Times con l’eloquente titolo The Sardex Factor. Di fatto Sardex è un circuito di credito commerciale alternativo diventato società per azioni. Oggi conta oltre 50 dipendenti nella sola Sardegna, con un transato di 67 milioni di crediti nel 2016 e 3600 iscritti nel segmento business ed una copertura di circuiti locali.
Intanto si affacciano nuovi soggetti vicini alla rivoluzione “social”. Sono i colossi digitali come Google, Facebook, WeChat, Apple Samsung, Alibaba.Insomma, la partita è ancora all’inizio ed è tutta da giocar