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cronaca

Tutti i numeri dell’export di vino italiano nel mondo (focus sulla Cina)

 

Nel 2016 le esportazioni del vino italiano nel mondo hanno raggiunto livelli da record: 5,6 miliardi di valore, il 4% in più rispetto al 2015.  A trainare l’export tricolore nei primi 11 mesi del 2016 è stato soprattutto il Prosecco (+37%); a molta distanza i rossi Dop Piemonte, +2,1%, e veneto, +2%, in flessione i rossi Dop Toscana -4,6% e lo spumante Asti, -4,6%.
Anche negli Stati Uniti è stato un anno record il 2016: le cantine tricolori hanno esportato per circa 1,8 miliardi dollari, +6,1%, e con quantitativi crescenti, +4%. Il traino alla crescita è arrivato, in particolare, dal Prosecco, deboli i rossi.
Le risorse stanziate dal Governo italiano per la promozione nel triennio 2017-2019 ammontano a 25 milioni, di cui 20 milioni per aprire il Midwest al made in Italy e gli altri 5 milioni per penetrare il grande mercato cinese, dove il nostro vino è quasi sconosciuto.

Articolo sul Sole 24 Ore del 24 febbraio 2017
Ultimi commenti
  • Chiara |

    Buongiorno, sono una studentessa dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, nella mia tesi magistrale volevo appunto parlare della situazione del vino italiano in Cina. Sarebbe disponibile ad un’intervista? La ringrazio.

  • Nicolò |

    Salve, sono uno studente dell’università Ca’ Foscari che si sta occupando della situazione del vino italiano in Cina. Il suo commento mi ha molto incuriosito. sarebbe disponibile ad un’intervista?

  • Stefano DOCG |

    Siamo una società cinese di importazione di vino, di proprietà italiana, con sede a Shanghai. La nostra esperienza nella promozione di vini italiani in Cina è, a dir poco, frustrante. Non solo perché il vino italiano in Cina è semi-sconosciuto, ma perché il supporto che riceviamo dai produttori italiani è pari a zero. Solo diffidenza e presunzione. Diffidenza = richieste di pagamenti anticipati all’ordine, che equivale a pagare il vino almeno 4 mesi prima di riceverlo. Presunzione = alla richiesta di vini da distribuire in Cina, se riusciamo a parlare con i responsabili estero, nel 90% dei casi la risposta che riceviamo è: noi siamo già presenti in Cina, se vuole le do il nome del nostro distributore in Cina. Se mandiamo 100 email di richiesta, con molta fortuna riceviamo 1-2 risposte. Spesso le risposte sono finalizzate a sapere chi siamo e cosa vogliamo. Finiscono quasi sempre in un’intervista a senso unico, dove noi dobbiamo dimostrare quanto siamo bravi, come se stessimo facendo una domanda di assunzione; e alla fine non veniamo “assunti”. Ci ripetiamo: eppure abbiamo un bel curriculum… Basta! Abbiamo la fila di spagnoli, francesi, cileni e argentini che vogliono venderci i loro vini, ci sottopongono i loro prodotti e ci chiedono un colloquio per trattare le condizioni, con l’umiltà propria di chi si approccia a un possibile cliente che potrebbe aiutarli a sviluppare le vendite in un mercato straniero, difficile e importante come la Cina. Il nostro orgoglio italiano comincia a perdere smalto e stiamo avviando collaborazioni con ottime cantine cilene e della Nuova Zelanda. Vediamo tanti begli articoli sulla stampa italiana sulle strategie da adottare per conquistare quote per i nostri vini nel grande mercato cinese, dove siamo, inspiegabilmente, il fanalino di coda. Le spiegazioni ci sono e sono molto più semplici di quanto possa sembrare. Si parla sempre di “fare squadra” ma agli italiani piace giocare da soli. Basterebbe molto poco: un po’ di sana umiltà e più rispetto per chi si impegna e rischia il proprio denaro per promuovere i vini italiani nel mondo.

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