Sarà la rivincita dei piccoli mercati o quantomeno delle cenerentole del basket NBA e già questo potrebbe essere sufficiente per restare incollati davanti al televisore a partire da questo fine settimana, magari con una bella tazza di caffè viste le dirette notturne.
Detto che questi playoff hanno riservato diverse sorprese per motivazioni varie, compresi diversi “upset”, già restringendo il cerchio attorno alle quattro squadre rimaste a contendersi l’accesso alle Finals, c’era la certezza che si sarebbe visto qualcosa di nuovo, in un certo senso.
Delle “semifinaliste” (anche se sarebbe più corretto parlare di finaliste per ciascuna delle due conference), solo i New York Knicks potevano vantare almeno un titolo NBA (due per la verità) ed anche se gli Oklahoma City Thunder sono nati dopo il ricollocamento dei Seattle Super Sonics campioni NBA nel 1979, viene naturale posizionarli allo stesso livello degli Indiana Pacers e dei Minnesota Timberwolves.
Ad ogni modo, pur sorvolando sull’assenza di titoli in bacheca, l’aspetto che colpisce maggiormente è stato constatare come questa stagione sia andata completamente in contro tendenza con il recente passato in cui – di norma – tra le finaliste c’è sempre una squadra proveniente da un mercato importante associata ad una città/stato di rilievo nel panorama statunitense.
Per questo motivo, con i dati forniti da Statista per l’ultima stagione completa disponibile (2023/24), abbiamo visualizzato i ricavi delle 30 squadre NBA -espressi in milioni di dollari – evidenziando il posizionamento degli Indiana Pacers e degli Oklahoma City Thunder, colorati rispettivamente di giallo e blu.
I dati parlano chiaro e – neanche a farlo apposta – i 320 milioni di dollari che accomunano sia i Pacers che i Thunder rappresentano la fascia alta dell’ultimo terzo di tutta la National Basketball Association (in cui compaiono anche i Minnesota Timberwolves con 305 milioni), a distanza di 480 milioni dai Golden State Warriors primi in questa particolare graduatoria, seguiti dai già citati Knicks (543) ed eliminati 4-2 proprio nella sfida contro Indiana, Los Angeles Lakers (522) e Boston Celtics (457) con queste due ultime franchigie che si sono spartite ben trentacinque titoli dal 1946 ad oggi.
Ma cosa c’è dietro queste due franchigie e come sono arrivate al palcoscenico più importante di questa stagione?
Le strade a dire il vero sono state molto diverse: se da un lato gli Oklahoma City Thunder erano dati già ad inizio stagione come una delle favoritissime (appena dietro ai campioni in carica di Boston) con quote che pagavano circa otto volte la somma scommessa, per Indiana le quote erano attorno a venticinque volte quanto si era disposti a scommettere.
Ed in effetti il progetto dei Thunder fatto di una costante ricerca di scambi strategici per coltivare nuovi talenti ed accumulare preziose scelte per il draft, orchestrato magistralmente da Sam Presti, sembra essere tornato a splendere come ai tempi d’oro del trio delle meraviglie formato da Kevin Durant, Russell Westbrook e James Harden (che avrebbero poi vinto tutti un titolo di MVP a testa) che raggiunsero l’apparizione alle Finals del 2012, venendo però battuti dai Miami Heat del primo titolo di LeBron James.
Già lo scorso anno si vedevano solide certezze, ma in questa stagione OKC ha davvero fatto il salto di qualità, rinforzandosi durante l’estate con acquisti mirati anche se poco altisonanti (come Caruso e Hartenstein) ed arrivando a chiudere la stagione regolare con un meraviglioso bilancio che recita 68 vittorie ed appena 14 sconfitte, culminato anche con la nomina della stella Shai Gilgeous-Alexander ad MVP della stagione, battendo in volata Nikola Jokic autore di una stagione statisticamente senza senso e che conferisce ancora maggiore valore alla performance della guardia canadese che veste la maglia numero due dei Thunder.
Storia invece molto diversa per i Pacers che per diversi anni sono sempre stati nelle zone di grigio del campionato senza brillare ma nemmeno deludere, al punto che per avere il primo vero sussulto, nel 2022, hanno dovuto cedere il loro miglior giocatore (Domantas Sabonis) ai Sacramento Kings per ricevere un altro giovane di talento che potesse dar loro nuova linfa, vale a dire Tyrese Haliburton, affidandogli le chiavi del loro attacco.
E sempre con una mossa operata durante gli scambi a ridosso dell’All Star Game, lo scorso anno, la dirigenza di Indiana ha deciso di impacchettare un po’ di asset per i prossimi draft in direzione di Toronto per poter mettere le mani sull’ala camerunense Pascal Siakam che – tra l’altro – è stato eletto come MVP della finale di conference vinta dai Pacers contro i New York Knicks, premiando quindi l’intuizione avuta per avere un secondo scorer da affiancare al loro numero 0.
Chi vincerà?
Se chiedete a noi, vi diciamo Thunder senza neanche pensarci vista la solidità con cui giocano e la profondità – specialmente difensiva – che si è costruita attorno ad una delle stelle più rappresentative della lega, circondato poi da tanti giovani di talento che sanno emergere a turno per prendersi il ruolo di secondo o terzo violino.
Se consultiamo i dati, che siano valori assoluti come il bilancio vittorie sconfitte (68-14 contro 50-32) o anche numeri più mirati come i vari ranking offensivi e difensivi, continuiamo a dirvi Oklahoma City, forse più sicuri grazie al supporto delle analytics.
C’è però da dire che i Pacers hanno letteralmente asfaltato i Cleveland Cavaliers (64-18 in stagione regolare) che sembravano essere l’unica alternativa ai Boston Celtics (frenati anche per il grave infortunio subito da Jayson Tatum al tendine d’Achille che lo costringerà ai box per circa un anno) e si sono imposti con caparbietà contro i New York dando prova di forza, andando a ribaltare subito il fattore campo con due vittorie in apertura sul parquet del Madison Squadre Garden.
Se vi sembra che abbiamo messo le mani avanti a sufficienza, potreste avere ragione, ma ci sbilanciamo comunque e sottoscriviamo Thunder, anche se diamo un po’ di fiducia pure agli Indiana Pacers e proviamo a dire che la serie verrà portata almeno a gara 5, evitando il cosiddetto sweep (4-0).
Come al solito, ed in attesa di essere miseramente smentiti – magari da Tyrese Haliburton che sembra avere il superpotere di far ricredere chiunque gli scommetta contro (specialmente da quando è stato “eletto” come il giocatore più sopravvalutato della NBA), non ci resta che augurarvi “Buone Finals!”.
Per approfondire.
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