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economia

La pesca (nel senso del frutto) è in crisi. Il Global Peach Index

C’è un dato che riguarda uno dei protagonisti della stagione estiva che nel corso degli ultimi 50 anni ha davvero invertito una tendenza storica.

Nel dettaglio, si parla della pesca, o più precisamente, sia di pesca sia di nettarine.

Secondo uno studio pubblicato dalla FAO (Food and Agriculture Organization) che ha raccolto i dati a partire dall’inizio degli anni ’60, durante l’ultimo mezzo secolo si è verificata una drastica ridistribuzione della produzione di questi due frutti che notoriamente vengono spesso denominati semplicemente “pesche” quando invece la nettarina è una specie a sé stante.

Nell’infografica seguente (da visualizzare con orientamento orizzontale se consultata da dispositivi mobili) sono riportati i valori di produzione complessivi all’interno della mappa in cui Cina, Italia e Stati Uniti sono indicati rispettivamente in rosso, verde e blu in quanto primi tre paesi più produttivi, mentre le altre nazioni concorrono a costituire il resto del mondo indicato in giallo.
Con lo stesso schema di colore, è rappresentata sia la distribuzione nel corso dei decenni, sia l’andamento annuale per queste quattro zone geografiche.

 

 

Stando ai numeri pubblicati dall’analisi, prendendo come anno iniziale di riferimento il 1961, gli Stati Uniti erano la nazione che poteva vantare la maggiore produzione su scala mondiale grazie a più di 1,7 milioni di tonnellate, valore che quasi in autonomia poteva competere con la produzione complessiva del resto del mondo (1,9 milioni) ad esclusione di Italia (1 milione) e Cina che, all’epoca, superava di poco le 400mila tonnellate.

Durante i primi due decenni presi in esame, se la Cina si è sempre mantenuta su valori inferiori alle 500 mila tonnellate, nella corsa a due tra USA ed Italia, pur mantenendo un lieve vantaggio, gli Stati Uniti già dalla fine degli anni ’70 fanno segnalare una flessione (nel 1979 1,5 milioni) che proseguirà poi nel tempo contrariamente a quanto è successo per il nostro paese che, al netto di qualche ribasso estemporaneo, ha mantenuto mediamente un trend in crescita concretizzatosi negli anni ’90 (poco meno di 1,9 milioni nel 1992).

Nello stesso periodo è cominciata anche l’ascesa cinese che, con la prima produzione oltre quota 500mila unità fatta registrare nel 1983, a distanza di soli 10 anni è riuscita a quadruplicare le tonnellate di pesche prodotte fino ad arrivare a 2 milioni nel 1993, pari circa ad un terzo del valore complessivo delle altre nazioni mondiali (5,8 milioni).

L’ultimo decennio dello scorso millennio è sintomatico appunto di come la Cina stesse già cominciando a conquistare il mercato mondiale forte del 22,3% della produzione globale che culminerà addirittura in un valore doppio e pari al 45,5% nei primi dieci anni del 2000.

È il 2003 l’anno che segna di fatto la supremazia assoluta del leader asiatico che, con 6,18 milioni di tonnellate, supera per la prima volta nella storia il resto del mondo (ad eccezione di Italia e Stati Uniti) “fermatosi” a quota 6,16 milioni.

La crescita incontrastata degli anni successivi ha fatto sì che pur considerando davvero il resto del mondo nella sua interezza, includendo quindi anche USA ed il nostro paese, la Cina abbia stravinto qualsiasi tipo di confronto visto che già a partire dal 2010, con quasi 11 milioni di tonnellate è stato superato l’ammontare complessivo degli altri tre contendenti, i cui valori sommati non arrivano a 10 milioni.

Come indicato anche nella mappa con i marker gialli, nel corso dei cinque decenni esaminati, tra le altre nazioni di rilievo in termini produttivi sono da segnalare anche altri paesi mediterranei come Spagna (34 milioni complessivi), Grecia (28,8), Francia (22,9) e Turchia (15,2) che insieme all’Italia (74,6) si ritrovano nel microclima ideale per la coltivazione di un frutto come la pesca che gradisce il caldo solare dell’estate, possibilmente abbinato a momenti di freddo anche abbastanza rigidi senza però arrivare ad eccessi di gelo.