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cronaca

Adolescenti e salute mentale. Mancano dati, ma quelli che ci sono preoccupano

 

Chi era adolescente nel 1990 stava meglio, quanto a salute, rispetto ai propri figli, cioè agli adolescenti del 2019. Sebbene dal 1990 al 2019, il tasso di mortalità per le malattie non trasmissibili negli adolescenti di età compresa tra 10 e 24 anni sia notevolmente diminuito, il carico di disabilità di queste malattie croniche, in primis nell’ambito della salute mentale, è aumentato in tutto il mondo in modo “preoccupante”. I disturbi mentali diagnosticati fra gli adolescenti europei sono aumentati del 32% in 30 anni, anche se di dati ampi a livello europeo nazionale ne abbiamo ancora pochi.
Lo mette nero su bianco un ampio lavoro di sintesi pubblicato su The Lancet che analizza i dati del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD) del 2019, un enorme campionamento su una serie di determinanti sociali che impattano sulla salute, che negli ultimissimi anni epidemiologi in tutto il mondo stanno utilizzando per le proprie ricerche. La salute durante infanzia e adolescenza non va sottovalutata: si stima che circa il 70% dei decessi prematuri si verifichi durante l’età adulta derivano da comportamenti legati alla salute iniziati durante questo periodo.

Questi dati confermano quelli di un’altra ampia revisione che ha incluso 29 studi condotti su oltre 80 mila giovani, pubblicata nell’estate 2021 su un’altra importante rivista medica: JAMA, dalla quale emerge che un adolescente su quattro ha sintomi di depressione, con casi raddoppiati negli ultimi due anni, mentre uno su cinque mostra segni di un disturbo d’ansia.

Tre indicatori

Gli indicatori che si utilizzano per stimare la qualità di vita di una popolazione, in questo caso degli adolescenti, sono solitamente tre: la mortalità, gli anni di vita persi (in sigla: Years of Live Lost – YLL), e gli anni vissuti con disabilità (DALY). Nel complesso dallo studio pubblicato su Lancet, emerge che oggi l’85% degli adolescenti fra i 10 e i 19 anni muore per malattie croniche, in particolare per tumore. I disturbi mentali sono invece la principale causa di anni di vita persi e anni vissuti con una forma di disabilità in tutti gli Stati membri dell’UE e in tutte le fasce di età studiate.
A questi fenomeni si aggiungono la tendenza all’aumento della disabilità dovuta al diabete, con un allarmante aumento di casi di diabete di tipo 2 negli adolescenti; e gli effetti a lungo termine di COVID-19 sull’obesità e sul diabete di tipo 1.

Siccome ai nostri lettori piace inoltrarsi nella statistica, l’articolo utilizza la cosiddetta correlazione di Spearman, fra tassi di DALY e gli indici socio-demografici, appunto per cercare di capire se anche in questo caso emerge una connessione fra lo stato di salute e le caratteristiche demografiche ed economiche. Beh, emerge. I risultati mostrano che le differenze legate al sesso sono più ampie nei giovani adulti. Sebbene i maschi abbiano una mortalità più elevata e un onere maggiore attribuito ai disturbi da uso di sostanze, le femmine presentano un carico di disabilità più elevato, in particolare attribuibile ai disturbi mentali, con un emergente carico di mortalità per disturbi alimentari. Un esempio di come l’approccio a questi temi debba essere targetizzato anche per genere.

Che dati abbiamo in Italia?

In molti casi il problema è il sottofinanziamento, in molti paesi, verso politiche mirate alla prevenzione dei comportamenti a rischio e all’intercettazione della fragilità nei ragazzi. Certo, la leadership attorno a questi elementi potrebbe essere rafforzata da un maggiore accesso alle fonti di dati per facilitare una risposta tempestiva ai rapidi cambiamenti nella salute e nel benessere degli adolescenti, ma di dati al momento non ce ne sono molti, scrivono gli autori.

In effetti, non ci sono ampi dati epidemiologici italiani sulla salute mentale degli adolescenti. La sorveglianza PASSI dell’Istituto Superiore di Sanità, una delle più complete in merito sulla salute mentale, non comprende chi ha meno di 18 anni. Una buona fonte di dati è HBSC – Health Behaviour in School-aged Children, a cui anche l’Italia partecipa. Si tratta uno studio multicentrico internazionale, in collaborazione con l’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità e pensato per approfondire lo stato di salute dei giovani e il loro contesto sociale. Tuttavia, l’Hbsc riguarda solo tre classi di età: 11, 13 e 15 anni.
In Italia, dal 2002 sono state realizzate cinque raccolte dati (2002, 2006, 2010, 2014 e 2018) promosse e finanziate dal Ministero della Salute/CCM, coordinate dalle Università di Torino, Padova e Siena e svolte in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e le Regioni. Dal 2017 il DPCM su «registri e sorveglianze» ha inserito la Sorveglianza sui rischi comportamentali in età 11-17 anni tra i Sistemi di sorveglianza di rilevanza nazionale e regionale, individuando nell’Istituto Superiore di Sanità l’Ente di livello nazionale presso il quale essa è istituita. Tuttavia, anche in questo caso la salute mentale non viene “mappata” nel dettaglio, ma viene inclusa in una serie di altri macro indicatori di comportamento, come alimentazione, consumo di alcol, attività fisica, fumo, sostanze stupefacenti, bullismo.

La letteratura precedente ha già messo ampiamente il luce che i disturbi mentali rappresentano le principali cause di disabilità tra gli adolescenti e che l’esordio del primo disturbo mentale emerge in un terzo degli individui prima dei 14 anni, in quasi la metà entro i 18 anni e quasi due terzi prima dei 14 anni. Eppure, emerge che solo il 20-40% degli adolescenti con problemi di salute mentale viene diagnosticato dai servizi sanitari e solo il 25% riceve un trattamento adeguato.

Per approfondire. 

Depressione, disturbi d’ansia e il Covid-19: come si misura la salute mentale? Lo studio di Lancet

Think, Tally, Talk: come si misura la salute mentale di bambini e adolescenti?

Vogliamo misurare la salute mentale? Mancano i dati sui suicidi dal 2017