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cronaca

Pranzo di Pasqua, finalmente la rivincita dell’abbacchio?

 

Si avvicina la Pasqua e la tradizione vuole l’agnello sulle tavole degli italiani. I dati, però, sembrano suggerire che questa tradizione sia sempre meno sentita. Il motivo? Intanto, non siamo i principali allevatori in Europa. Le importazioni di carne sono sostanzialmente stabili, mentre le macellazioni sono in costante calo.

 

Un calo che, appunto, non viene compensato dalle importazioni. Ed è appunto questa contrazione nelle macellazioni il dato di partenza nell’analisi di Infodata:

 

 

Il grafico, costruito su dati Istat, mostra la contrazione nel numero di capi macellati nel nostro Paese, mentre la mappa indica la situazione, nel 2017, nelle singole regioni. Più un pallino è grande, maggiore è il numero di ovini finiti al macello.

Il record è sardo con 691mila capi, contro i 680mila dell’AbruzzoDue regioni che nel 2017 hanno rappresentato da sole la metà della produzione italiana di carne ovina, visto che in totale sono stati abbattuti 2,8 milioni di capi. Appunto, il dato generale. Fino al 2009 il numero di capi macellati ogni anno era stabilmente superiore ai 6 milioni di unità. Quindi ha avuto inizio un crollo verticale che ha portato nel giro di due anni ad una contrazione del 50% degli abbattimenti. Dal 2014, infatti, non si sono più superati i 3 milioni di esemplari macellati.

Un calo che, come detto, non è stato però compensato da un aumento nelle importazioni. Che, mostrano sempre i dati Istat, sono rimaste sostanzialmente costanti nel corso degli ultimi anni:

 

 

Fa, ovviamente, eccezione il 2016, quando si sono sfiorate le 30mila tonnellate di carni ovine importate. Per il resto, però, negli ultimi anni si è sempre rimasti al di sotto delle 25mila tonnellate. E, anche sotto questo profilo, si nota un calo tra il 2006 ed il 2012, rispetto al quale non c’è alcun segno di ripresa. Merito delle campagne di sensibilizzazione degli animalisti contro il consumo della carne di agnello a Pasqua? Chissà. Intanto i numeri dicono che i maggiori allevatori europei di ovini sono altri.

 

 

La mappa, costruita su dati Eurostat, mostra soli i Paesi per i quali ci sono dati disponibili. Più le pecore sono grandi, maggiore è il numero di capi presenti in allevamento a fine 2018. Il record, con quasi 23 milioni di capi, spetta alla Gran Bretagna. Seguono la Spagna con poco meno di 16 e la Romania con oltre 10 milioni. Quindi la Grecia con 8,5 e l’Italia con 7,2. Numeri, anche questi, che raccontano della rivincita dell’abbacchio.