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politica

Cosa pensano gli italiani? Come siamo cambiati in tre anni secondo Eurobarometro

In un articolo precedente, usando i dati  dell’ultimo Eurobarometro abbiamo mostrato come la pensano gli abitanti delle regioni italiani su diversi aspetti della propria vita, partendo dall’economia e passando poi a salute, criminalità, ambiente e qualità della vita.

 

Una cosa interessante che si può fare con gli stessi numeri è confrontarli con quelli dell’identica rilevazione  condotta tre anni prima, nel 2015, per capire come sono cambiate le idee degli italiani sugli stessi temi.

 

L’aspetto forse più significativo, nonostante la narrazione prevalente, è che la sfiducia verso l’Ue risulta in forte calo un po’ ovunque. Nel 2015 erano diverse le aree in cui oltre metà delle persone esprimeva questo atteggiamento, mentre nell’autunno scorso esso risulta in calo spesso anche di decine di punti.

 

La tendenza più naturale è attribuire questo cambiamento all’attività del Governo, che al momento in cui è stata condotta l’analisi più recente era in carica da circa quattro mesi. Da un lato si tratta certamente di un’ipotesi plausibile, e compatibile tra l’altro con il fatto che la luna di miele con gli elettori sembra ormai terminata; l’approvazione del governo aver invertito la rotta.

 

Dall’altro però se guardiamo all’intera Europa troviamo che si tratta di un fenomeno diffuso un po’ ovunque, tanto che anche la media complessiva della sfiducia nell’unione, misurata in 28 paesi, disegna una linea che tende a calare con forza. Certamente, al di là dei singoli fattori nazionali, può aver inciso la solida ripresa economica del continente negli ultimi anni.

 

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Uno degli elementi cruciali per capire il caso italiano è che da noi una risalita dopo la forte recessione c’è stata, certo, ma il nostro passo è stato senza dubbio fra i più lenti. Questo lo si vede molto bene se guardiamo a come viene percepita la situazione generale dell’economia: qui troviamo un certo miglioramento un po’ in tutte le regioni, ma spesso si tratta di spostamenti assai piccoli.

 

 

Qualcosa di simile succede anche nella percezione della qualità della vita complessiva nella propria regione, che nello stesso periodo migliora pur senza far registrare chissà quali balzi in avanti – unica eccezione, la provincia di Bolzano.

 

 

Uno dei problemi più sentiti, oggi come ieri, è quello della disoccupazione. Anche in questo caso, le risposte di chi ritiene che essa sia la prima questione da risolvere nella propria regione mostrano passi in avanti a parte il caso dell’Abruzzo. Resta comunque una grande segregazione territoriale, con il meridione dove nonostante qualche timido miglioramento ancora la maggioranza degli abitanti considera il lavoro come il problema fondamentale.

 

 

Rispetto alla disoccupazione l’immigrazione era e resta un tema meno importante, ma è interessante notare come di nuovo il miglioramento sia stato contenuto. La differenza è che però nel 2015 l’Italia era al picco (o quasi) dell’arrivo dei richiedenti asilo, mentre quest’anno gli sbarchi sono diminuiti  moltissimo.

 

Eppure nonostante questo l’atteggiamento di chi considera l’immigrazione come un problema non è poi cambiato più di tanto, segno che forse si tratta più di una questione di percezione – magari amplificata dai media stessi – che di qualcosa legato ad avvenimenti reali.

 

 

 

Il problema forse più sottovalutato nel dibattito pubblico è quello della sanità. Negli ultimi tre anni è cresciuta molta la fetta di italiani che la ritiene la prima questione da affrontare nella propria regione, e tuttavia sia in campagna elettorale che nell’attività di governo se n’è parlato poco o nulla.

 

 

La percezione della sicurezza è un altro tema su cui c’è qualcosa che non torna. I numeri dell’Istat ci dicono che negli ultimi anni i reati principali sono tutti stabili o in calo, eppure troviamo diverse regioni dove le persone ritengono più di frequente un problema importante quello del crimine. Di nuovo, una responsabilità importante potrebbe essere quella dei mezzi di comunicazione, che coprendo ossessivamente notizie di cronaca al di là di quanto esse sono davvero prevalenti possono far percepire alle persone la propria vita molto meno sicura di quanto è davvero.

 

Fra i problemi per cui gli italiani si dicono spesso preoccupati, oggi più di ieri, c’è infine l’ambiente. In tutte le regioni a parte quattro rispetto al 2015 è cresciuta la percezione di una questione “verde”, che anche se non può certamente essere considerata di primissimo piano rispetto a temi più classici come il lavoro resta comunque un tema da tenere sott’occhio – anche per le tante promesse fatte in questo senso dai 5 stelle, dalla TAV al TAP e così via, e che però ora una volta al governo stanno trovando enormi difficoltà a rendere concrete.

 

Ultimi commenti
  • Luigi |

    Sarebbe interessante verificare se ci siano correlazioni tra le risposte ai diversi quesiti. Ad occhio mi sembra ad esempio che ci sia una correlazione inversa tra maggiore benessere economico e preoccupazione per l’immigrazione. Le regioni del sud nonostante le maggiori preoccupazioni per il lavoro e l’economia sembrano in generale più “tolleranti” con i migranti. Al Nord invece nonostante la maggiore sensazione di benessere sono più “preoccupati”. Ció sembra tendenzialmente escludere che l’avversione per i migranti sia dettata principalmente da ragioni economiche. Una correlazione andrebbe cercata anche con la sicurezza. Anche qui non appare del tutto coerente, almeno ad occhio, tra “timori” per la sicurezza e “timori” per i migranti. Sembra che l’avversione per i migranti abbia uno “spazio” proprio. Non sembra giustificarsi nè con il pessimismo economico nè con i timori circa la sicurezza personale. Ma è solo una mia valutazione “ad occhio”. Andrebbe verificata.

  • Luigi |

    Sarebbe interessante verificare se ci siano correlazioni tra le risposte ai diversi quesiti. Ad occhio mi sembra ad esempio che ci sia una correlazione inversa tra maggiore benessere economico e preoccupazione per l’immigrazione. Le regioni del sud nonostante le maggiori preoccupazioni per il lavoro e l’economia sembrano in generale più “tolleranti” con i migranti. Al Nord invece nonostante la maggiore sensazione di benessere sono più “preoccupati”. Ció sembra tendenzialmente escludere che l’avversione per i migranti sia dettata principalmente da ragioni economiche. Una correlazione andrebbe cercata anche con la sicurezza. Anche qui non appare del tutto coerente, almeno ad occhio, tra “timori” per la sicurezza e “timori” per i migranti. Sembra che l’avversione per i migranti abbia uno “spazio” proprio. Non sembra giustificarsi nè con il pessimismo economico nè con i timori circa la sicurezza personale. Ma è solo una mia valutazione “ad occhio”. Andrebbe verificata.

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