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economia

Nell’Europa del Nord è di casa la felicità. Il World Happiness Index

Nel film interpretato da Will Smith “La ricerca della felicità”, viene trattato un tema molto delicato e che, seppur in maniera romanzata, tocca molti aspetti della vita con i quali siamo soliti confrontarci per capire se e quanto siamo felici.

Cercando di estendere il discorso oltre al “se”, concentrandoci sul “quanto”, è quindi possibile misurare la felicità in qualche modo?

Secondo i creatori del World Happiness Report la risposta è sì.

Da sei anni a questa parte viene infatti condotto un sondaggio che prende in esame i risultati provenienti da 156 paesi con l’intento di andare a costituire un macro indicatore in grado di misurare il livello di felicità di ogni nazione e di conseguenza dei suoi abitanti.

Per arrivare a concentrare tutto in un singolo valore, all’interno dello studio vengono considerate sei variabili che rappresentano i diversi temi riguardanti la felicità complessiva dei singoli paesi, andando a toccare vari ambiti socio-economici.

Nello specifico sono stati esaminati il Prodotto Interno Lordo pro-capite, la generosità degli abitanti, la serenità nel poter compiere scelte di vita, l’aspettativa di vita, la percezione di corruzione all’interno del paese ed il supporto sociale.

A questi sei fattori ne è stato poi aggiunto un settimo che rappresenta la percezione di come un ipotetico paese chiamato Dystopia vede le altre nazioni sulla base delle sei variabili oggetto del sondaggio.
Il carattere distopico di questa immaginaria nazione è stato numericamente ricreato andando ad attribuire a Dystopia sei valori che corrispondo ai punteggi più basi fatti registrare mediamente nei tre anni precedenti per ogni singola variabile esaminata.

Nell’infografica che segue (da visualizzare con orientamento orizzontale se si utilizza un dispositivo mobile), è possibile selezionare dal menu a tendina sia il valore complessivo (Happiness Score) sia le singole variabili prese in esame.
Sulla base dell’indicatore selezionato, la mappa vedrà colorarsi ogni nazione con un gradiente divergente dal rosso al verde, e analogamente, l’istogramma verrà ordinato in maniera decrescente presentando in maniera più evidente il ranking.
Passando il cursore sui singoli grafici, verranno riportati i dettagli di ogni nazione illuminandola contemporaneamente per entrambe le rappresentazioni.

 

Considerando l’indicatore di Felicità nella sua interezza pare che il nord Europa sia di gran lunga la parte più felice del pianeta con bene quattro nazioni nei primi cinque posti.

Finlandia (7,63), Norvegia (7,59), Danimarca (7,56) ed Islanda (7,50) compongono di fatti un quartetto nordico che colonizza la top10 in cui compaiono altri due paesi dell’Europa settentrionale come Olanda (sesta a 7,44) e Svezia (nona a 7,31), oltre a Svizzera (quinta a 7,49), Canada (settimo a 7,33), Nuova Zelanda (ottava a 7,32) ed Australia (decima a 7,27).

Complessivamente, sembra piuttosto evidente come l’indicatore divida in maniera netta le diverse tendenze a livello continentale con Europa, Oceania e Americhe mediamente “verdi” con poche eccezioni (Venezuela nel sud America e i paesi nati dalla scissione della Jugoslavia in Europa), mentre Asia e soprattutto Africa sono caratterizzate da nazioni molto lontane dai vertici della classifica.

Ammettendo che abbia storicamente senso parlare di “Big” europee, Germania (15esimo posto), Regno Unito (19°) e Francia (23°) entrano tutte e tre nella top25, mentre per trovare l’Italia bisogna scorrere fino alla 47esima posizione (6,00) dietro a paesi come Uzbekistan, Kuwait e Tailandia.

Il caso dell’Italia è particolarmente interessante perché, se da un punto di vista prettamente economico, analizzando il Prodotto Interno Lordo (GDP per Capita) la posizione nella classifica mondiale ci vede al trentesimo posto, quando si vanno ad esaminare aspetti più “sociali”, il ranking crolla miseramente fino agli ultimi posti nelle singole classifiche.

Se si considera il grado di libertà nel poter fare scelte di vita (Freedom to make life choices) il punteggio italiano si posiziona solo al 133esimo posto figurando anche come uno dei fanalini di coda a livello europeo, mentre in cima alla classifica mondiale compaiono Uzbekistan, Cambogia e Norvegia, tre paesi che difficilmente si è soliti accostare l’uno all’altro.

Quando poi si passa alla percezione di corruzione all’interno del proprio paese (Perception of corruption), ecco che l’Italia sprofonda ancora più in basso chiudendo addirittura in 142esima posizione, in compagnia di svariati paesi africani e dell’asia medio orientale, con la sola Russia (144esima) unica altra “big” a figurare nei bassifondi della graduatoria dedicata.

Fortunatamente, almeno sul fronte dell’aspettativa di vita (Healthy Life Expectancy) lo stivale italiano recupera qualche punto complessivo risultando come uno dei paesi nelle prime posizioni mondiali classificandosi al sesto posto dietro a quattro paesi orientali guidati da Hong Kong e alla Spagna in quarta posizione.