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tecnologia

L’Italia non è un Paese per sviluppatori

L’Italia non è un Paese per sviluppatori. Almeno, se si può utilizzare come cartina di tornasole la predisposizione delle aziende ad implementare piattaforme proprietarie per l’ecommerce, le cose stanno così. Già, perché l’Italia è la nazione europea in cui è più alta la percentuale di aziende che affidano le vendite on line a app o siti dedicati di terze parti. E uno di quelli con la quota più bassa di piattaforme proprietarie.

 

I dati arrivano dal’Eurostat e fanno riferimento al 2017. E, vale la pena di precisarlo, riguardano solo imprese con più di 10 dipendenti e che non operano in campo finanziario. Fatte queste premesse, i numeri sono riassunti in questa infografica.

 

 

 

Le barre blu rappresentano la quota di aziende che hanno scelto di affidarsi a piattaforme terze. I pallini arancioni, invece, indicano la percentuale di imprese che per l’ecommerce ha sviluppato un sito o un app dedicati. Il totale è maggiore di cento perché ci sono realtà che hanno scelto di percorrere entrambe le strade per aggredire il mercato.

 

Come si può vedere l’Italia è il Paese con la barra più alta. Sì, perché secondo Eurostat il 54% delle aziende italiane che vende i propri prodotti on line si è affidato a piattaforme di terze parti. E non c’è bisogno di citare colossi dell’ecommerce per dare un’idea di quale possa essere stata la scelta di queste imprese. Si tratta del dato più significativo a livello continentale, dove si registra una media del 39%. C’è da dire che a fare compagnia alle aziende italiane ci sono quelle tedesche: in questo caso il 52% si affida ad altre realtà per vendere on line.

 

E non è un caso se Italia e Germania siano anche tra le nazioni in cui è più bassa la percentuale di aziende che decidono di affidare ad un team di sviluppatori la realizzazione di un’app dedicata oppure di un sito in cui vendere esclusivamente i propri prodotti. A Berlino si tratta del 75%, a Roma dell’81%. Il record spetta invece alla Repubblica Ceca: qui il 98% delle imprese che vendono on line ha una propria piattaforma per mettere in vendita i prodotti.

 

I numeri di Eurostat, ovviamente, non spiegano quali siano le ragioni della diffidenza italo-tedesca verso la gestione in proprio dell’ecommerce. Se siano, cioè, solo legate alla volontà di non aggiungere i costi dello sviluppo e, in un secondo momento, della gestione. O se invece ci sia dell’altro. L’unico suggerimento è per chi è specializzato nel programmare piattaforme per le vendite on line: è più facile trovare mercato all’estero.

Articolo pubblicato il 27 gennaio 2018

Ultimi commenti
  • Mirko Pastorcic |

    Sono assolutamente d’accordo con Giovanni Tumino, meraviglia che un articolo del genere venga pubblicato da un organo che è visto come il punto di riferimento dell’economia, in questo caso si tratta di economia globale.
    Mi aspettavo un articolo esattamente contrario, cioè che le aziende italiane si concentrano sulle loro eccellenze e si affidano per quanto riguarda la distribuzione online su prodotti già sperimentati ed efficienti, dove non mancano anche aziende italiane di eccellenza.
    Probabilmente chi ha scritto l’articolo non ha conoscenza su cosa vuol dire sviluppare un prodotto proprio, non mi riferisco allo sviluppo in se stesso ma al fatto che un prodotto sviluppato in casa ha bisogno anche di un periodo di assestamento per diventare affidabile.
    Questo non significa affidarsi in toto, sul mercato opensource esistono prodotti con un’ampia gamma di personalizzazioni che possono soddisfare un’ampia gamma di prodotti e servizi.

  • Mirko Pastorcic |

    Sono assolutamente d’accordo con Giovanni Tumino, meraviglia che un articolo del genere venga pubblicato da un organo che è visto come il punto di riferimento dell’economia, in questo caso si tratta di economia globale.
    Mi aspettavo un articolo esattamente contrario, cioè che le aziende italiane si concentrano sulle loro eccellenze e si affidano per quanto riguarda la distribuzione online su prodotti già sperimentati ed efficienti, dove non mancano anche aziende italiane di eccellenza.
    Probabilmente chi ha scritto l’articolo non ha conoscenza su cosa vuol dire sviluppare un prodotto proprio, non mi riferisco allo sviluppo in se stesso ma al fatto che un prodotto sviluppato in casa ha bisogno anche di un periodo di assestamento per diventare affidabile.
    Questo non significa affidarsi in toto, sul mercato opensource esistono prodotti con un’ampia gamma di personalizzazioni che possono soddisfare un’ampia gamma di prodotti e servizi.

  • Giovanni Tumino |

    Strana domanda dietro questo articolo.
    Sviluppare un prodotto specialistico e soprattutto mantenerne l’aggiornamento costituisce un costo non piccolo, che sarebbe assurdo replicare per ogni azienda. Le infrastrutture IT stesse oltre alla gestione delle applicazioni si stanno finalmente muovendo verso gli specialisti attraverso il cloud.
    Sarebbe come chiedersi perchè un’industria meccanica che fa viti non sviluppi in casa le macchine utensili per produrre le viti.

  • Giovanni Tumino |

    Strana domanda dietro questo articolo.
    Sviluppare un prodotto specialistico e soprattutto mantenerne l’aggiornamento costituisce un costo non piccolo, che sarebbe assurdo replicare per ogni azienda. Le infrastrutture IT stesse oltre alla gestione delle applicazioni si stanno finalmente muovendo verso gli specialisti attraverso il cloud.
    Sarebbe come chiedersi perchè un’industria meccanica che fa viti non sviluppi in casa le macchine utensili per produrre le viti.

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