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economia

Demografia e ricchezza: la classe media non fa più figli

Continua l’analisi di InfoData sull’età della popolazione italiana. Dopo aver realizzato una mappa che mostra l’indice di gioventù, ovvero il rapporto tra gli under 18 e gli over 65, questa volta si è deciso di mettere in relazione questo indicatore con due elementi che aiutano a determinare la ricchezza di un territorio: il reddito medio Irpef e il tasso di occupazione. Obiettivo, capire se esista una qualche relazione tra questi elementi e l’età della popolazione.

Entrambi gli indicatori sono stati considerati su base provinciale. È a questo livello di dettaglio, infatti, che Istat fornisce i dati relativi al tasso di occupazione.  In particolare, si è scelto di concentrarsi su tre fasce d’età: quella tra i 25 ed i 34, quella tra i 35 ed i 44, quella tra i 45 ed i 54. Questo perché si tratta dell’età che, verosimilmente, hanno i genitori degli under 18.

L’anno di riferimento per quanto riguarda questi numeri è il 2015. Questo perché le informazioni più recenti riguardanti i redditi, rese disponibili dal Ministero dell’Economia, sono quelle legate alle dichiarazioni compilate 2016. Che fanno cioè riferimento ai redditi percepiti l’anno precedente. Per quanto riguarda l’indice di gioventù, rimane quello calcolato sui numeri aggiornati al 1 gennaio 2017. Il risultato, incrociando questi dati, è rappresentato in questa infografica:

Come si può leggere, ogni grafico rappresenta una delle tre fasce d’età considerate. Già il colpo d’occhio conferma gli elevati livelli di disoccupazione giovanile nel nostro Paese. Nella fascia tra i 45 ed i 54 anni il tasso di occupazione non scende al di sotto del 47%, mentre tra i 25 ed i 34 si arriva addirittura al 25,36% (il dato è relativo alla provincia di Vibo Valentia).

In generale, più un punto si trova a destra più in quella provincia è alto il tasso di occupazione, più  è in alto maggiore è il reddito medio. I colori dei punti rappresentano invece l’indice di gioventù, ovvero il rapporto tra la popolazione under 18 e quella over 65. Quelli colorati in arancione hanno un indice inferiore a quello nazionale, pari a 0,775, quelli in azzurro ne presentano uno superiore. Più la tonalità è scura, più ci si allontana dal dato nazionale.

Premessa lunga, ma necessaria per permettere di comprendere l’infografica. E il primo elemento che emerge è che nelle zone a reddito medio e tasso di occupazione più bassa l’indice di gioventù è più alto. In alcuni casi, come nelle province di Napoli, Caserta o Crotone, è addirittura superiore a 1. Questo significa che, in numeri assoluti, gli under 18 sono più numerosi degli over 65.

Indici di gioventù alti, anche se non superiori ad 1 (l’unica eccezione è rappresentata da Bolzano), si trovano anche nella fascia più alta. Quella cioè in cui maggiore è l’occupazione e più alto il reddito medio. Sebbene siano circondati da punti arancioni, in cui cioè, semplificando all’estremo, la popolazione è più vecchia rispetto a quella nazionale.

Ma le tonalità arancioni, ovvero gli indici di gioventù inferiori a quello nazionale, si concentrano nella fascia media. E questo vale per ciascuna delle tre classi di età considerate. Un tasso di occupazione che oscilla tra il 60 ed il 70% per i più giovani, tra il 65 ed il 75% per gli over 35. E redditi compresi tra i 15 ed i 20mila euro annui. Il ceto medio, insomma. Quello che magari ha le possibilità economiche di mantenere dei figli. E che invece, in queste province che la rappresentano, ne mette al mondo meno di quanti ne nascano in aree del Paese più economicamente disagiate.

Tornando al quesito di partenza, i numeri sembrano suggerire che la popolazione sia più giovane dove le condizioni economiche siano più disagiate. O, in parte minore, dove la situazione è decisamente migliore sotto questo punto di vista. Le zone di mezzo, invece, stanno invecchiando.

Ultimi commenti
  • roby |

    Non sono sicuro che la conclusione tratta sia la più plausibile. Mi appare un po’ tautologica.
    Mi sembra abbastanza ovvio che le condizioni economiche siano peggiori in relazione a età più giovani: i ragazzi che entrano (se entrano) nel mondo del lavoro non possono guadagnare come chi lavora già da anni.
    Per converso, sarebbe un insight interessante se le popolazioni più disagiate fossero anche quelle più anziane (una informazione utile sia dal punto di vista della progressione degli stipendi, sia delle pensioni)
    Anzi, personalmente insisterei proprio su questo punto: nella fascia 45-55, sembra esserci una considerevole quantità di gente al di sotto del 70% di tasso di occupazione. E allora mi viene da pensare agli esodati, e a tutti quelli che hanno perso il lavoro e non riescono a reinserirsi. E quindi emerge con forza il tema della formazione continua sul lavoro.

    Grazie in ogni caso di queste analisi, che favoriscono un dibattito fondato e sano.

  • roby |

    Non sono sicuro che la conclusione tratta sia la più plausibile. Mi appare un po’ tautologica.
    Mi sembra abbastanza ovvio che le condizioni economiche siano peggiori in relazione a età più giovani: i ragazzi che entrano (se entrano) nel mondo del lavoro non possono guadagnare come chi lavora già da anni.
    Per converso, sarebbe un insight interessante se le popolazioni più disagiate fossero anche quelle più anziane (una informazione utile sia dal punto di vista della progressione degli stipendi, sia delle pensioni)
    Anzi, personalmente insisterei proprio su questo punto: nella fascia 45-55, sembra esserci una considerevole quantità di gente al di sotto del 70% di tasso di occupazione. E allora mi viene da pensare agli esodati, e a tutti quelli che hanno perso il lavoro e non riescono a reinserirsi. E quindi emerge con forza il tema della formazione continua sul lavoro.

    Grazie in ogni caso di queste analisi, che favoriscono un dibattito fondato e sano.

  • rob |

    Non sono sicuro che la conclusione tratta sia la più plausibile. Mi appare un po’ tautologica.
    Mi sembra abbastanza ovvio che le condizioni economiche siano peggiori in relazione a età più giovani: i ragazzi che entrano (se entrano) nel mondo del lavoro non possono guadagnare come chi lavora già da anni.
    Per converso, sarebbe un insight interessante se le popolazioni più disagiate fossero anche quelle più anziane (una informazione utile sia dal punto di vista della progressione degli stipendi, sia delle pensioni)
    Anzi, personalmente insisterei proprio su questo punto: nella fascia 45-55, sembra esserci una considerevole quantità di gente al di sotto del 70% di tasso di occupazione. E allora mi viene da pensare agli esodati, e a tutti quelli che hanno perso il lavoro e non riescono a reinserirsi. E quindi emerge con forza il tema della formazione continua sul lavoro.

    Grazie in ogni caso di queste analisi, che favoriscono un dibattito fondato e sano.

  • rob |

    Non sono sicuro che la conclusione tratta sia la più plausibile. Mi appare un po’ tautologica.
    Mi sembra abbastanza ovvio che le condizioni economiche siano peggiori in relazione a età più giovani: i ragazzi che entrano (se entrano) nel mondo del lavoro non possono guadagnare come chi lavora già da anni.
    Per converso, sarebbe un insight interessante se le popolazioni più disagiate fossero anche quelle più anziane (una informazione utile sia dal punto di vista della progressione degli stipendi, sia delle pensioni)
    Anzi, personalmente insisterei proprio su questo punto: nella fascia 45-55, sembra esserci una considerevole quantità di gente al di sotto del 70% di tasso di occupazione. E allora mi viene da pensare agli esodati, e a tutti quelli che hanno perso il lavoro e non riescono a reinserirsi. E quindi emerge con forza il tema della formazione continua sul lavoro.

    Grazie in ogni caso di queste analisi, che favoriscono un dibattito fondato e sano.

  • luca |

    Lavoro in banca nel nord italia, basta guardare quanti figli hanno i miei colleghi per capire che la gente non fa figli per tanti motivi, dei quali solo uno e nemmeno il piu’ rilevante e’ la mancanza di possibilita’ economica.
    Le ragioni sono tante e purtroppo molte hanno profonde radici nell evoluzione cultrurale degli ultimi 30 anni.
    Cultura molto difficile da modificare.
    Sara’ difficile invertire il calo demografico!!

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