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economia

Le città sono trappole di disuguaglianza? Il caso Italia

I Governi dovrebbero ripensare le strategie su edilizia, trasporti, istruzione e occupazione per non trasformare le città in trappole di disuguaglianza. E’ questo il senso e il messaggio di sintesi di un nuovo rapporto dell’Ocse che dimostra che la maggior parte delle città hanno disuguaglianza superiore alla loro rispettiva media nazionale. Il rapporto Making Cities lavoro per tutti: i dati e le azioni per crescita inclusiva  rileva che le città negli ultimi 15 anni (dal 2000 al 2015) a livello globale sono responsabili del 60% della crescita occupazionale. Le famiglie che vivono nelle metropoli hanno livelli più alti di reddito familiare del 18% rispetto alla media nazionale. Sono motori di crescita e di sviluppo caratterizzate da una forte polarizzazione socio-economica, con livelli di disuguaglianza superiori rispetto alle rispettive medie nazionali. Utilizzando il coefficiente di Gini che misura i tassi di disuguaglianza su una scala da 0 a 1 (con zero che indica l’uguaglianza e 1 il massimo opposto) il 63% delle città studiate hanno valori più elevati rispetto alla media Paese.

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La premessa da cui parte lo studio è che la rapida crescita nelle città del mondo, guidata in parte dalla migrazione senza precedenti dalle aree rurali in via di sviluppo. Entro il 2050 circa il 70% dell’umanità vivrà nelle città, oggi siamo al 50%. La tesi dello studio basato su dati è che le città crescendo di dimensioni tenderanno a diventare più disuguali e quindi potrebbe accentuare le disuguaglianze a livello nazionale.

Qui sotto l’Info realizzata da Ocse permette di apprezzare l’impatto dell’educazione nelle città e nelle aree rurali. 

Le evidenze dello studio. Con città i ricercatori intendono metropoli con almeno 500mila abitanti. In Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia, Svezia e Stati Uniti lo studio rileva che in tutti i paesi ad eccezione del Canada il livello medio disuguaglianza è al di sopra della media nazionale. Le città con la più alta diseguaglianza nei paesi studiati sono Bari (Italia), Bruxelles (Belgio), Calgary (Canada), Miami (Stati Uniti) e Santiago (Cile).
Il dato più interessante è quello relativo all’Italia. Ricordiamo che i dati arrivano 2013. L’Italia è tra i paesi che registrano le maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, seconda solo al Regno Unito nell’Unione europea e con livelli di disparità superiori alla media dei paesi Ocse. Se però guardiano all’evoluzione dell’indice di Gini non si allarga la forbice. Complice, nel caso italiano, la bassa crescita.

Allo stesso tempo, non tutte le città sono uguali, e molte amministrazioni comunali si sono sforzate di offrire buone
condizioni materiali e la qualità della vita per i loro residenti. Per esempio, si legge nel rapporto, tra le città in Italia
e negli Stati Uniti, c’è una differenza duplice o superiore a reddito medio delle famiglie.

Le regole per rendere le città più giuste secondo l’Ocse.   

  • Migliorare l’accesso alla formazione, con particolare attenzione ai gruppi svantaggiati e maggiori investimenti nell’educazione della prima infanzia. Stabilire programmi di istruzione e formazione professionale che corrispondono a esigenze locali.
  • Investire nella formazione professionale degli adulti e l’imprenditorialità, e incoraggiare la creazione di posti di lavoro in settori rilevanti a livello locale.
  • Rendere più equo l’accesso agli alloggi e promuovere quartieri popolari.
  • Investire nelle infrastrutture per evitare ghetti.
  • Fornire un più facile accesso ai servizi pubblici come la sanità e sviluppare strategie di riqualificazione urbana su tutta la linea.

Nello studio manca un accenno alle infrastrutture della società della conoscenza. Internet, per usare una parola totem. Sarebbe interessante in questo senso rivedere i risultati di questo rapporto analizzando le città più cablate e con offerta di Wifi pubblico.