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cronaca

La crescita globale è ferma al 3%. Confronta l’Italia con l’Europa

I Governi non possono permettersi di rallentare il processo di riforme se vogliono uscire dalla trappola della bassa crescita e se vogliono garantire che la maggior parte dei cittadini tragga vantaggio dai benefici della crescita economica. E’ questo il messaggio contenuto nel rapporto Going for Growth redatto dall’Ocse in materia di riforme strutturali e performance economiche. Il rapporto esamina i progressi nel campo delle riforme strutturali nei settori riguardanti le raccomandazioni di policy di Going for Growth nel periodo 2015‑16. Nel corso degli ultimi due anni, la crescita globale è rimasta ferma a circa il 3%, un tasso ben inferiore alla crescita media di circa il 4% registratasi nei 10 anni precedenti. La differenza, si legge,  è in gran parte riconducibile al rallentamento dell’economia della Repubblica Popolare Cinese e di altre economie di mercato emergenti, ma tassi di crescita pari o inferiori al 2% sono stati la norma nei Paesi dell’OCSE negli anni successivi alla crisi, con la prospettiva di una domanda e di investimenti persistentemente deboli che rallentano la crescita potenziale.

Nell’Info Data realizzata da Ocse è possibile comparare le performance dei Paesi dell’Ocse. Inserendo l’Italia si possono scegliere anche quelli relativi al rapporto Going For Grow e quindi del Pil che si trovano alla voce Regulation 
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Nel corso degli ultimi due anni, il ritmo delle riforme strutturali ha continuato a rallentare e ora è di nuovo ai livelli pre‑crisi. Più nel dettaglio  Il processo di riforma è rallentato nei Paesi che sono stati particolarmente attivi nel precedente biennio (per esempio, il Messico, la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Polonia e la Spagna), ma anche in un certo numero di altri Paesi nei quali l’attività di riforma non è stata altrettanto intensa nel periodo precedente (per esempio, l’Australia, l’Indonesia e la Slovenia).

 L’intensità del ritmo delle riforme è aumentata notevolmente in alcuni Paesi che non sono stati tra i riformatori più attivi nel periodo precedente (per esempio, il Belgio, il Cile, la Colombia, Israele, l’Italia e la Svezia, nonché l’Austria, il Brasile e la Francia). Il ritmo delle riforme ha segnato un rallentamento più marcato nei settori dell’azione pubblica, come l’istruzione e l’innovazione, che hanno un’incidenza particolarmente forte sulla produttività del lavoro. Ciò è oggetto di preoccupazione, considerato il persistente e generale rallentamento della crescita della produttività. Tra gli aspetti positivi, si rileva che il numero di riforme collegate alle raccomandazioni di Going for Growth è aumentato riguardo a obiettivi quali la riduzione degli ostacoli al lavoro femminile e la promozione della creazione di posti di lavoro tramite una riduzione dei cunei fiscali sul lavoro, in particolare per i lavoratori con basse remunerazioni. In questi settori le riforme a favore della crescita promuovono anche una maggiore inclusività.

Nel tentativo di realizzare una crescita più robusta, i Governi si trovano ad affrontare notevoli sfide di politica economica. Il calo forte e generalizzato nel tasso di crescita della produttività successivamente alla crisi ha comportato una situazione di redditi stagnanti per un’ampia parte della popolazione, intaccando il sostegno dei cittadini alle riforme strutturali. Sebbene, complessivamente, la disoccupazione sia gradualmente diminuita nella maggior parte dei Paesi, in molti di essi i giovani e i lavoratori poco qualificati si trovano di fronte a prospettive lavorative poco allettanti e a un alto rischio di disoccupazione. Superare queste sfide richiede strategie di riforme strutturali coerenti e un’azione collettiva in una vasta serie di settori d’intervento, con il sostegno delle politiche macroeconomiche.ù

 

Il caso Italia. Il Pil pro capite in Italia vale  circa il 75% della media dei paesi più avanzati dell’Ocse. A causa della crisi, la crescita annua del Pil pro capite è diventata negativa. Inoltre, scrivono all’Ocse, il grave ridimensionamento della spesa per investimenti ha ridotto lo stock di capitale produttivo, ostacolando ulteriormente la crescita della produttività del lavoro.

La disuguaglianza è aumentata negli ultimi anni, in contrasto con la stabilità osservata in media negli altri Paesi sviluppati. Il coefficiente di Gini è aumentato di 0,2 punti tra il 2008 e il 2013; la povertà è notevolmente aumentato, soprattutto tra i bambini e i giovani. Tuttavia, negli ultimi anni, l’Italia ha attuato riforme strutturali significative. Giudizio positivo quindi per il Jobs Act che avrebbe riequilibrato il sistema di protezione dei posti di lavoro e la riforma Buona scuola che avrebbe istituito un sistema di valutazione formale dei docenti e direttori delle scuole, che dovrà tuttavia essere pienamente implementato. Inoltre, ostacoli normativi alla concorrenza sono stati ridotti.