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tecnologia

Per le startup del «blockchain» 300 milioni di dollari in sei mesi


I puristi della materia ricorrono addirittura al concetto di “Internet della Proprietà” e di “Internet of Finance” per spiegare le applicazioni di questa tecnologia. Vi sono tante definizioni di Blockchain: chi lo etichetta come registro distribuito per gestire monete virtuali ma anche atti di tipo notarile; chi come sistema peer-to-peer che abilita lo scambio di valute e la loro tracciabilità senza possibilità di errore; chi ancora come un maxi database capace di memorizzare in modo inviolabile l’identità dei soggetti che effettuano le operazioni. Una delle sue tante peculiarità? Velocizzare i pagamenti e ridurre i costi e gli oneri delle transazioni. Blockchain deve infatti la sua notorietà ai Bitcoin (la valuta virtuale che ha ricevuto pochi mesi fa il disco verde per la sperimentazione da parte della Banca d’Italia), ha il pregio di essere “open” e quindi utilizzabile online da soggetti diversi (banche in primis, che non a caso hanno dato vita nel 2015 a un consorzio, R3, di cui fanno parte anche Unicredit e Intesa Sanpaolo) e sta generando investimenti milionari. Anche, se non soprattutto, in direzione delle startup che popolano a vari livelli l’universo del fintech. Nei primi sei mesi del 2016, lo dice uno studio di Juniper Research, gli investimenti dei venture capital destinati alle nuove imprese innovative dei bitcoin e del blockchain hanno sfiorato i 300 milioni di dollari. Una trentina le operazioni portate a termine, le più importanti portano la firma di Circle, Blockstream (Series A da 55 milioni) e Digital Asset Holiding (Series A da 60 milioni). Anche i dati di Cb Insights confermano il momento di grazia del fenomeno, confermando per il primo trimestre di quest’anno un’impennata dei finanziamenti del 385% (a 173 milioni di dollari) e un incremento del 21% in fatto di operazioni concluse (39 contro 32) rispetto all’ultimo trimestre del 2015. L’anno passato il valore dei 131 deal registrati ha sfiorato complessivamente i 500 milioni di dollari, mentre il volume delle risorse erogate dai Vc alle startup dal 2012 a oggi (fine giugno) ha superato quota 1,2 miliardi di dollari. Dell’impatto di queste tecnologie si è parlato in modo approfondito nel corso del Banking Summit 2016 organizzato da The Innovation Group ieri a Milano. Ezio Viola, Amministratore Delegato di Tig, ha confermato al Sole24ore come “il blockchain costituisce una delle frontiere più avanzate e in evoluzione del fintech, con investimenti che crescono in modo esponenziale e la creazione di un vero ecosistema dedicato”. L’interesse verso la tematica, spiega ancora Viola, “non è solo di banche, aziende finanziarie e società tecnologiche che hanno sviluppato e stanno sviluppando prototipi di soluzioni e prodotti per alcuni ambiti dove la tecnologia si può applicare, ma anche di alcune banche centrali, perché diverse analisi evidenziano come questa tecnologia possa cambiare il sistema con cui si gestiscono le transazioni finanziarie”. Il tema è quindi “caldo” e come sottolinea l’Ad di Tig, la lista delle iniziative si allunga ogni mese anche grazie alla natura open source della blockchain. Rimane da capire come le banche italiane esploreranno le potenzialità di questa tecnologia per cercare di non perdere, come enfatizza Viola, “opportunità di sviluppo anche radicali in futuro”. Stando al Fintech 2.0 Paper, infatti, il solo settore bancario potrebbe ridurre i costi infrastrutturali delle transazioni interbancarie di 15-20 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2022, mentre secondo il World Economic Forumil 10% del Pil mondiale, entro il 2025, transiterà attraverso una soluzione blockchain.

Articolo apparso sul Sole 24 Ore del 23 settembre a pagina 37