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economia

La popolazione europea è a crescita zero. Per la prima volta dal 1960

È la prima volta che accade dal 1960 ad oggi: la popolazione europea è a crescita zero. Fatto inedito nell’ultimo mezzo secolo, nel 2015 il numero dei decessi ha superato quello delle nascite. Cinque milioni e 200mila funerali contro 5 milioni e 90mila parti, con un saldo negativo pari a 135mila unità, tante quante gli abitanti di Salerno. A dirlo è Eurostat che in occasione del World Population Day, ricorrenza istituita dalle Nazioni unite che cade l’11 luglio, ha pubblicato i dati demografici relativi ai 28 Paesi dell’Unione.
 
Nel conto c’è anche il Regno Unito, ma la Brexit si farà sentire anche sotto questo profilo. La Gran Bretagna è stato infatti il secondo Paese con il saldo positivo più alto: 777mila nascite e 602mila decessi. Senza gli inglesi l’Unione Europea avrebbe visto ridursi la propria popolazione di 285mila abitanti, 22mila in più di quelli che oggi vivono a Venezia.
 
Insomma, in Europa nel 2015 si sono celebrati più funerali che battesimi. Ed è la prima volta che accade dal 1960 ad oggi, almeno a livello continentale. Sì perché se si guarda ai singoli Paesi si trovano anche realtà in cui la tendenza è opposta. Prima dell’Inghilterra c’è la Francia, dove nel 2015 si è registrato un saldo attivo superiore alle 200mila unità. E poi l’Irlanda, la Svezia e l’Olanda, in cui la popolazione è cresciuta rispettivamente di 36mila, 24mila e 23mila unità. All’estremo opposto ecco la Germania, dove il saldo negativo è pari a 187mila. E poi l’Italia: 647mila decessi e 485mila nascite, con una differenza di 161mila unità.
 
E del resto che il nostro sia un Paese a crescita zero sotto il profilo demografico è ormai un fatto assodato. È infatti dal 1993, con un’unica eccezione nel 2004, che il numero dei morti italiani supera quello dei nuovi nati. Vale lo stesso discorso per quanto riguarda la Germania, dove la tendenza è stata inaugurata nel 1990, subito dopo la caduta del muro di Berlino e la riunificazione tedesca. Fine del comunismo che ha avuto un impatto devastante sotto il profilo della crescita della popolazione in Bulgaria: tra il 1989 ed il 1990 il saldo raggiunge quota zero, quindi i decessi hanno continuato a salire mentre le nuove nascite sono decisamente crollate.
 
Qualcosa di simile è avvenuto anche in altre ex realtà del blocco sovietico, come l’Estonia, la Lituania, la Lettonia e la Romania. Al netto del refrain per cui “i comunisti mangiano i bambini”, di sicuro dopo la caduta dei regimi in questi Paesi si è smesso di metterli al mondo. O si è cominciato a farlo in misura minore rispetto al passato.
 
A mantenere un saldo demografico positivo in Europa negli anni ci hanno pensato la Francia, il Belgio, la Svezia ed il Regno Unito. Il tasso di crescita della popolazione di queste nazioni è stato sufficiente a bilanciare quello negativo registrato in altre zone del Vecchio continente. Almeno fino al 2015, quando per la prima volta i decessi hanno superato le nascite. Eppure, nello stesso anno, la popolazione europea è cresciuta di oltre 2 milioni di unità. Si tratta di immigrati extracomunitari che si sono trasferiti in Europa. Ed è esclusivamente a loro che si deve la crescita demografica dell’Unione.
sada