Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
economia

Global Gender Gap Index, Italia al 41esimo posto. Mai così in alto

Il miglior piazzamento di sempre. Se l’Italia fosse un atleta e il Global Gender Gap Index, stilato dal World Economic Forum, fosse una competizione Olimpica, ieri avremmo potuto riassumere così i risultati. Nell’edizione 2015, infatti, il Paese si è guadagnato la 41esima posizione su 145 nazioni. Un traguardo mai raggiunto dalla creazione dell’indice nel 2006. Quasi da non crederci visto che in un anno siamo riusciti a risalire 28 posizioni, più di quanto non abbia fatto Valentino Rossi nell’ultima gara del MotoGp a Valencia. Eppure i numeri in sé non sempre rendono giustizia alla fotografia di un Paese. Merito indiscusso della scalata va alla politica. Nel sottoindice che prende in considerazione la partecipazione delle donne alla vita politica italiana, siamo passati infatti dal 37esimo posto al 24esimo. In questo caso conta la percentuale di donne in Parlamento (31,4%, la decima in Europa) e la percentuale di ministre (50% se si tiene conto del governo presentato da Matteo Renzi nel febbraio 2014, anno a cui fa riferimento il report).

 

Negli altri tre sottoindici lieve miglioramento nell’educazione (dal 62esimo al 58esimo posto) e nell’economia (dal 114esimo al 111esimo), mentre nella salute sia peggiorati (dal 70esimo al 74esimo posto). Torniamo, però, all’economia: l’occupazione femminile resta inchiodata al 47,3% contro il 65,3% di quella maschile, il gap salariale è al 7,3% (dati Eurostat) con punte anche del 25% fra i professionisti e i manager e la percentuale delle manager resta al 15,1% del totale contro il 25% in Europa. Senza contare che i contratti delle italiane sono più spesso flessibili e part time, rispetto a quelli degli uomini. A poco, quindi, può bastare la crescita della presenza femminile nei cda delle società quotate e pubbliche grazie alla legge Golfo-Mosca che impone le quote di genere. Le donne che siedono nei board, secondo i dati Consob, sono il 26,5%. Su questo dato c’è una discrepanza rispetto a quanto registrato dal Wef, che ci assegna ancora solo l’8%. Forse correggendo questo dato risaliremmo qualche altra posizione, ma la disoccupazione femminile resterebbe comunque oltre il 13% con punte di quasi una su due fra le giovani in Meridione. Un numero in una classifica non può bastare.