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economia

Un mare di risorse da mangiare. Dalla pesca all’acquacoltura attraverso l’economia blu

Oltre quattro miliardi di persone, il 60% dell’umanità, vive entro cento chilometri da una costa e questo numero potrebbe raddoppiare nel prossimo decennio, a giudicare dal flusso migratorio verso le grandi città costiere: 18 delle 21 megalopoli del mondo sorgono in riva al mare e le rotte degli umani assomigliano ormai a quelle dei gabbiani. Già oggi, gli oceani sostengono un’economia da tremila miliardi di beni e servizi l’anno, oltre a fornire incommensurabili benefici per l’equilibrio ambientale del nostro pianeta.

Cresce la spinta verso la “blue economy” che, in Europa, caratterizza soprattutto il turismo marittimo, occupando 1,6 milioni di lavorati e producendo un valore di 51 miliardi di euro. Seguono le attività di pescherecci e trasporti, mentre si diffonde sempre di più l’acquacoltura, che impiega 90mila lavoratori, raggiungendo un valore di 137 miliardi di dollari dal 2003 al 2012; nel corso del decennio preso in esame l’acquacoltura ha aumentato progressivamente la produzione, partendo da 39 milioni di tonnellate – tra pesci, crostacei e molluschi – fino a 66,6 milioni, a differenza del pesce pescato, il cui volume è rimasto stabile attorno a 90 milioni di tonnellate dai primi anni del 2000 ad oggi.
La Cina domina le classifiche dell’allevamento – seguita da India, Vietnam e Indonesia – e della pesca, attività che coinvolge soprattutto aringhe, sardine e acciughe (17,5 milioni di tonnellate pescate nel 2012), pesci oceanici (10,5 milioni) e pesci d’acqua dolce (8 milioni). L’Italia si trova in ventiseiesima posizione sia nella pesca (0,2 milioni di tonnellate) che nell’allevamento (0,15).

Da Il Sole 24 ORE del 26 aprile 2015, pagine 10 e 11.